Da Ronaldo a Mourinho, perché strapaghiamo le star del calcio

La dittatura delle "superstar" tra calciatori e allenatori nell'intervento di Pasquale Lucio Scandizzo, chairman di Playratings.net
Da Ronaldo a Mourinho, perché strapaghiamo le star del calcio© Getty Images
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ROMA - Perché si strapagano calciatori e allenatori? Un intervento del chairman di Playratings.net fornisce le risposte. Da CR7 a Messi, da Mou a Ancelotti, la dittatura delle superstar. Perché si strapaga un calciatore o un allenatore? Quante volte ce lo siamo e ve lo siete domandati. Ha senso dare decine di milioni a un professionista del pallone, specie in una fase così complessa dell’economia mondiale? Con questo intervento Pasquale Lucio Scandizzo, chairman di PlayRatings.net, fornisce le risposte. Alcuni meccanismi non sono semplici da comprendere, ma con un po’ di pazienza…

IL GIRO DI AFFARI - “Il mercato del calcio, così come quello del cinemascrive Scandizzo - è caratterizzato dal cosiddetto fenomeno delle superstar, che determina altissimi redditi per pochi fortunati giocatori, allenatori e squadre, su livelli che lasciano spesso stupiti coloro che non hanno familiarità con questo ramo dell’economia dello spettacolo. Il giro di affari generato dal calcio mostra anche dimensioni colossali. Basti pensare che i soli ricavi della FIFA si aggirano intorno ai 2 miliardi di dollari. Le cifre del giro di affari complessivo, naturalmente, sono molto più elevate, con stime per circa 25 miliardi di dollari per il solo calcio mercato europeo per il 2016/17 (Deloitte, 2016), di cui 5 miliardi sterline di ricavi di 92 club e più di 1 miliardo sterline di operating profits dei club della Premier League. L’economia di mercato non è nuova a questi aspetti estremi di concentrazione del reddito, ma le superstar del calcio mostrano tuttavia delle caratteristiche sorprendenti, che amplificano le disuguaglianze e, in un certo senso, gettano una luce nuova sulle disparità di reddito, i premi e le penalità legati al talento e al capitale umano. In linea con la moderna “network economy”, il calcio sembra aver trasformato la pratica dello sport in una forma di fruizione culturale tra la realtà e la fiction, con infinite ramificazioni, legami forti e legami deboli, in una rete di relazioni sempre più complesse e condivise. In queste relazioni valgono sempre più le regole di una nuova economia, dove l’iper-connessione genera allo stesso tempo più inclusione e più inuguaglianza, maggiore comunicazione tra poli distanti e maggior isolamento locale, più integrazione sociale e maggiori pericoli di razzismo, in una sorta di metafora estrema della società contemporanea e dei suoi crescenti conflitti.

NUOVE MITOLOGIE - Dal punto di vista economico, il calcio appare un’attività culturale basata su un insieme endogeno di narrative eroiche, che sembrano essere alla base di nuove mitologie legate al culto di capacità e di tecniche, apparentemente inutili, ma emblematiche della creazione di valore in un sistema economico dedicato alla produzione di utilità. Il valore attribuito ai giocatori, infatti, benché derivato da quanto essi possono generare attraverso il valore dello spettacolo che aiutano a mettere in scena, sembra andare al di là della mera strumentalità di un apporto professionale ad un processo industriale. Come nel caso delle arti, soprattutto per il segmento più alto del mercato, esso sembra precedere e regolare il processo industriale stesso, quasi sostituendosi ad esso nella rappresentazione individuale dei tratti caratteristici dei giocatori, divenuti essi stessi elementi, piuttosto che fattori di produzione, di uno spettacolo continuo.

I MERCATI DELLE STAR - Ma quali sono le peculiarità che spiegano il formarsi dei valori dei giocatori nell’industria del calcio spettacolo, e soprattutto, quali sono i meccanismi che ne giustificano i fenomeni estremi di livelli e concentrazioni nelle mani di pochi? Sherwin Rosen, in un celebre articolo apparso nel 1981 su “The American Economic Review”, afferma che gli elementi che accomunano i mercati delle Star sono due: una alta correlazione tra i guadagni personali e la grandezza del proprio mercato; una forte tendenza sia della grandezza del mercato, sia della grandezza dei guadagni ad essere asimmetrica rispetto a coloro che nell’attività in questione hanno il maggior talento. La teoria economica standard suggerisce che le vendite sono regolate dalla competizione delle imprese e dalla ricerca dei profitti, sicché chi più vende più guadagna. Tuttavia, il modello competitivo non prende in considerazione il ruolo svolto dalla eterogeneità dei prodotti offerti, dalla grandezza del mercato o da quanto ogni singolo agente può o riesce a controllare. Nel caso in cui i prodotti si identificano con gli agenti, questa ipotesi implicita consiste nel presupposto che i prodotti sono considerati indifferenziati e che quindi i prodotti di un particolare operatore possono essere considerati esattamente allo stesso modo di quelli di qualunque altro.

BOX OFFICE APPEAL - Rosen dà molta importanza a ciò che definisce “box office appeal”, ossia alla capacità di attrarre audience e generare quindi un grande volume di transazioni. Sia il prezzo direttamente o indirettamente pagato per un giocatore, sia la dimensione della sua “audience” dipendono dalla qualità della performance che ci aspetta da lui, ed entrambi dipendono da una serie di caratteristiche riassumibili in un indice di qualità. Poiché il valore generato dal giocatore è una funzione del prezzo e della grandezza del mercato (il numero di spettatori e di tifosi che lo seguono), una maggiore qualità si ripercuote due volte sul valore creato, attraverso il prezzo e la quantità. Il risultato è che un incremento di qualità risulta in un incremento “moltiplicativo” (il prezzo moltiplicato per la grandezza del mercato) sul valore creato dal giocatore. Tuttavia, l’effetto non si ferma qui, poiché la disponibilità a pagare per un incremento di qualità è essa stessa molto maggiore di quanto ci si potrebbe aspettare sulla base della normale esperienza del mercato per beni omogenei. Per esempio, nel caso dei beni alimentari, un consumatore è disposto a pagare un prezzo maggiore, a parità di altre condizioni, per un prodotto di qualità migliore, e l’incremento di prezzo può anche essere notevole, pari a due o tre volte il prezzo dell’alimento di base. Esso, tuttavia, non va al di là di questi ordini di grandezza, perché in questo caso il consumatore può accettare di ridurre la quantità consumata in risposta a una migliore qualità e al maggior prezzo ad essa corrispondente. Nel caso di una performance, tuttavia, questa sostituzione non è possibile, poiché il fruitore si trova di fronte a un bivio: pagare il prezzo per l’accesso o rinunciare alla performance stessa. Le possibilità di sostituzione sono limitate, poiché una performance di qualità inferiore può dar luogo a una esperienza molto meno gratificante o addirittura negativa e quindi è un sostituto imperfetto o non accettabile. Il premio per la qualità di una performance tende quindi ad essere sempre più elevato quanto migliore è la qualità assicurata dal performer.

IMPREVEDIBILITA' - La fruizione della performance di un calciatore è particolarmente interessante perché emblematica di un fenomeno psicologico legato alla imprevedibilità della esperienza culturale. Questa imprevedibilità dipende dal divario tra aspettative e realizzazione o, in termini più tecnici, dalla differenza tra prodotti e risultati (“output” e “outcome”) caratteristica dei beni culturali. Nel caso del calcio, la performance di un giocatore è caratterizzata “ex ante” da alcuni tratti legati ad aspettative, quali la sua partecipazione a una partita, il suo ruolo nella squadra, la relazione attesa con gli altri giocatori, la performance ritenuta probabile o anche solo sperata sulla base del suo record passato. La stessa performance è definita “ex post” dai risultati concreti del suo impegno, il numero dei gol che ha fatto o a cui ha contribuito, le caratteristiche estetiche e pratiche della sua prestazione. Quanto più elevate sono le aspettative sulla sua performance e quanto minore la differenza negativa con la prestazione effettiva, tanto migliore sarà la reputazione del giocatore.

I MODELLI ECONOMICI - Nei modelli economici che trattano il problema della performance ci si domanda come acquirenti e venditori si “sposino”, come un paziente scelga un particolare dottore, come un club decida di ingaggiare un determinato giocatore, come un consumatore di calcio decida di vedere la partita di una o di un’altra squadra. Le caratteristiche del venditore (come il talento, il carisma, la fortuna, etc.) che dovrebbero generare il box office appeal possono essere tutte riassunte in un unico indice qualitativo q (qualità). Sia p il prezzo di un’unità di servizio (per es., una performance, una visita medica, un disco) e sia m la grandezza del mercato, il numero di “biglietti” venduti da un determinato offerente. L’equilibrio di mercato è rappresentato da due funzioni p(q) ed m(q) le quali evidenziano prezzo e grandezza di mercato di ogni possibile qualità osservabile. Il ricavo totale si può quindi definire come il prodotto R(q) = p(q) x m(q) e dipende dalla qualità q in modo più che proporzionale. Poiché R(q) è la funzione che porta dalla distribuzione della qualità alla distribuzione dei ricavi, il fatto che essa sia più che proporzionale implica che a qualità elevate corrispondono ricavi proporzionalmente maggiori e che la probabilità di ricavi più elevati della media è maggiore, o anche molto maggiore della probabilità di qualità più elevate della media.

CONSEGUENZE - La conseguenza di tutto ciò è che piccole differenze nel talento vengono amplificate in enormi differenze di reddito, e più ci si avvicina alla cima della scala qualitativa, maggiore diventa tale differenza, nonché l’asimmetria che essa impartisce alla distribuzione dei ricavi. Questa può essere spiegata affermando che i consumatori percepiscono i performers che offrono servizi di qualità come sostituti imperfetti. In altre parole, meno talento é un sostituto poco valido per molto talento. Queste proprietà sono caratteristiche di quello che possiamo chiamare il mercato dei servizi di qualità. Esse implicano, per esempio, che… Se un chirurgo ha una capacità di salvare vite del 10% maggiore di quella dei suoi colleghi, la maggior parte dei pazienti sarà disposta a pagare più di un premio del 10% per i suoi servizi. Nel cinema, uno spettatore preferirà sicuramente (a parità di altre condizioni) vedere un film con un regista star (q=10) rispetto a vedere 10 film di un regista anonimo e senza qualità (q=1). Nella televisione se un conduttore ha uno share del 40%, con ogni probabilità sarà pagato più del 40% in più dei suoi colleghi. L’imperfetta sostituibilità non giustifica, però, la marcata concentrazione dell’output nelle mani di quei pochi operatori caratterizzati dalla maggiore qualità. Questa seconda caratteristica è spiegabile più nell’ottica della tecnologia utilizzata, che non dei gusti dei consumatori. Per molti versi, i beni o servizi venduti sono descritti come una forma di consumo collettivo, non dissimile dai beni pubblici. La differenza fondamentale che si riscontra in questo tipo di tecnologia rispetto a quella che caratterizza i beni pubblici è che i diritti di proprietà sono per legge assegnati al venditore: non esiste free riding, non possono fruire del bene tutti quei consumatori che non pagano l’apposita tariffa d’ammissione. Le crescenti economie di scala descritte fanno sì che pochi produttori possano coprire l’intera domanda di mercato. E meno ne servono, più questi saranno capaci di coprirlo. Quando queste tecnologie possono dispiegarsi sfruttando la imperfetta sostituibilità dei servizi, si manifesta con chiarezza la possibilità che poche persone di talento sia approprino sia di mercati di vaste dimensioni sia dei relativi elevati guadagni. Rimane da spiegare il ruolo della incertezza della performance e del possibile divario tra output e outcome. Questo problema è importante perché da un lato attenua la disponibilità a pagare dei consumatori, che non sono sicuri della qualità dei servizi acquistati, e dall’altro crea un mercato parallelo per ridurre tale incertezza attraverso l’informazione.

IL MERCATO DELLE SQUADRE DI SERIE A

REVIEW - Un approccio possibile, indicato per la prima volta d nel 1988 su The American Economic Review, da Glenn M. MacDonald, è basato sulla introduzione dell’opinione degli esperti e delle cosiddette review, in altre parole dell’informazione che si ha sulle passate prestazioni del performer. Secondo i modelli che seguono questo approccio, il prezzo della performance è funzione non solo della qualità ma anche dell’informazione di cui si è in possesso su quella determinata qualità. Se si è testimoni di una performance, si viene in possesso di una certa quantità di utile, seppur imperfetta informazione riguardante una possibile performance successiva dello stesso soggetto. Ciò fa sì che, in condizione di equilibrio, i venditori di performance “anziani” (nel senso di anzianità di permanenza) che sono stati oggetto di recensioni positive nella parte precedente della propria permanenza nel mercato, sembrano dispiegare capacità intrinseche di confermare l’informazione contenuta nelle review ottenute. Si crea perciò un ulteriore meccanismo di premio della qualità e di inuguaglianza dei redditi, perché i “performers confermati”, la cui audience è più spesso soddisfatta, guadagnano molto vendendo i propri servizi a vaste platee, ed esercitano il proprio controllo su una grande quantità di altri input. La loro audience vede spesso confermate le previsioni basate sulle review ed è quindi disposta a pagare un alto prezzo per l’“assicurazione di qualità” che i performers confermati forniscono con la loro stessa esistenza. I performers che hanno subito un numero di recensioni negative superiore a una soglia minima lasciano invece il settore, mentre nuove entrate accadono solo tra i giovani, che guadagnano poco vendendo i propri servizi a poche persone. Il loro pubblico, rispetto a quello dei performers “anziani”, è deluso relativamente spesso, ma spende molto meno per guadagnare il “biglietto d’accesso” al servizio. Chi dei giovani accumula troppe recensioni negative lascia anch’egli il settore, poiché i guadagni a cui si ha accesso in tale caso sono troppo bassi rispetto a quelli che si avrebbero intraprendendo un’altra attività. Chi accumula abbastanza review positive rimane sul mercato, ma non guadagna necessariamente molto, a meno che le recensioni ricevute non siano tali, per quantità e qualità, da oltrepassare una soglia critica. I pochi fortunati per cui ciò si verifica vanno a posizionarsi al fianco degli “anziani”.

LA CASTA - Tutto ciò fa sì che il meccanismo di accumulazione dei guadagni coincida con quello della reputazione, ma in forma eroica, creando così una sorta di casta, un gruppo ristretto di performers confermati ed esperti, ben saldi sulle fondamenta delle loro passate performance ad alta qualità, che dominano l’industria come star. Questo gruppetto presta i propri servigi per un gruppo molto più vasto di consumatori presenti nel settore e guadagna un ammontare di ricchezza in relazione ancor maggiore. Quali sono i costi e i benefici del sistema delle superstar? Entro certi limiti, premi elevati per la qualità si giustificano perché stimolano la competizione e quindi la produzione di risultati sempre migliori. La selezione estrema dei performers, tuttavia, non è necessariamente il metodo più efficiente per produrre più qualità, perché molti performers che potrebbero diventare eccellenti sono scoraggiati nella fase iniziale della loro carriera e indotti a lasciare il mercato".


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