Se la Figc dichiara guerra agli agenti danneggia il calcio italiano

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Se la Figc dichiara guerra agli agenti danneggia il calcio italiano© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Il calcio italiano sta per dichiarare guerra agli agenti e anche a se stesso. Vuole combattere il Diavolo, ovvero tutti quei personaggi che fanno i milioni sui piedi dei giocatori e sui portafogli di quegli angioletti dei presidenti. Domani il Consiglio federale si esprimerà sull’adozione del nuovo regolamento Fifa (una chiavica). Non solo: andrà addirittura oltre - questa l’intenzione - limitando ulteriormente la libertà economica della categoria più detestata dal popolo del pallone. Troppo generoso il “Fifa”, che prevede commissioni fino a un massimo del 10% della somma incassata dalla società. Oppure, nel caso in cui l’agente assista un calciatore, il limite al 3% dello stipendio pattuito fra l’atleta e il club che l’acquista. Percentuali inaccettabili, secondo i federali: urge un’italica sforbiciata. Mi ricorda tanto la storia del marito cornuto che, per fare un dispetto alla moglie fedifraga, si tagliò le balle.

A prescindere dal fatto che abbiamo una legge dello Stato che regolamenta perfettamente l’attività dei professionisti dell’intermediazione, l’effetto che il nostro calcio rischia di ottenere è l’isolamento dal resto d’Europa e del Mondo (Arabia). In sostanza, potremmo essere gli unici top a uscire a tutti gli effetti dal mercato: i tribunali di Spagna, Olanda e Svizzera si sono attivati e a breve emetteranno le rispettive sentenze. Tutto lascia pensare che saranno contrarie al “Fifa”. La Germania ha fatto sapere che lo considera illegittimo e non ne terrà conto per operazioni di mercato che interessino il territorio, sia che riguardino giocatori sia procuratori o intermediari tedeschi. «Abbiamo una legge dello Stato e ci teniamo quella perché è ben fatta», è stata la reazione dei francesi, mentre il 30, un giorno prima dell’introduzione del nuovo regolamento, si pronuncerà il Regno Unito attraverso il risultato di un arbitrato tra la federazione e l’associazione degli agenti inglesi. Ricordo che la Fifa è la stessa che nel 2015 proclamò il “vale tudo”, abolendo l’albo degli agenti e autorizzando una giungla di eccessi nei confronti dei quali non è mai intervenuta. Aggiungo che non ha mai mosso un dito neppure per punire quei club che, pur di accaparrarsi il campione più ambito, hanno versato decine di milioni alle famiglie del giocatore, pratica vietatissima.

Prima di commettere un errore esiziale (riducendo infinitamente il potere d’acquisto e “seduttivo” della serie A), perché non sedersi a un tavolo con giudici terzi per valutare quale possa essere la soluzione più corretta? A quanto ci risulta, gli agenti sani erano e sono disposti ad accettare un tetto ai compensi, ma chiedono di partecipare alla discussione su un tema fondamentale per il futuro del calcio italiano e non solo del loro conto corrente. O il regolamento lo adottano tutti i Paesi o nessuno. Molto più serio e risolutivo sarebbe esercitare controlli capillari su tutte le operazioni che peraltro obbligano già agenti e società alla registrazione dei compensi. La demagogia muove dall’alto verso il basso, e quindi dà voce non già a esigenze reali del popolo, ma all’astuzia di detentori del potere che mirano a carpire il consenso popolare per continuare a coltivare i propri interessi. Suggerisco a Infantino, Ceferin e ai consiglieri federali la lettura de “Il populismo fra democrazia e demagogia” di Carlo Chimenti, che è stato un grande costituzionalista.

 


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