Napoli, Calzona da vice a viceré

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport - Stadio

I campioni d’Italia in carica - non dimentichiamolo - si giocano i quarti di Champions a Barcellona senza Kim, ma con Calzona. Il pezzo potrei anche chiuderlo qui perché un’assenza di otto mesi e una presenza di pochi giorni descrivono perfettamente una stagione dalle logiche controverse. Certo, Francesco Calzona non può dirigere da dentro la linea difensiva, provare a tappare i buchi dei compagni e firmare uno storico scudetto. Ha un altro ruolo, altri compiti, un’altra storia e un’altra età. Ma adesso è lui la guida del Napoli. Ho avuto modo di confrontarmi con Calzona e devo dire che ne ho percepito immediatamente l’intelligenza, la competenza e la sensibilità umana. Non riesco ancora a chiamarlo Ciccio perché anche la confidenza ha i suoi tempi. Un giorno disse una cosa che mi colpì, una cosa davvero insolita, relativa al primo e unico anno in cui ha fatto parte del Napoli di Spalletti, pur non lavorando mai sul campo. «Mi sono detto: già che ci sono, lo studio da fuori. Quell’anno non l’ho buttato, anzi, lo considero di notevolissima importanza per la mia formazione. Sono riuscito a sfruttare al meglio un periodo di semi-disoccupazione. E mi sono reso conto che Spalletti possiede una qualità rara: al di là delle eccezionali capacità sul campo, riesce a adattarsi a ogni situazione e allena tutti, dal centravanti all’ultimo degli impiegati».


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Mi soffermo su Calzona perché è la più sorprendente anomalia di questa stagione: dopo quindici anni da vice di tanti e la recente, brillante esperienza slovacca, siede sulla panchina del Napoli per disgrazia ricevuta: per questo sono convinto che quando diresse il primo allenamento a Castel Volturno si chiese «ma dove sono finito?, e come stanno messi?». Il pareggio dell’andata è un risultato che consente al Barcellona di partire favorito: è un fatto che quando sfidi i catalani a casa loro non affronti un avversario normale, neppure se non sta vivendo una delle sue migliori stagioni. L’augurio è che il Napoli ritrovi improvvisamente le coordinate giuste e che la fortuna lo assista. Non è necessario che i giocatori cancellino quello che hanno vissuto da luglio a oggi: hanno tuttavia l’occasione per farlo dimenticare ai tifosi e a tutti noi con un’impresa che può valere la partecipazione al primo Mondiale per club, il torneo dei top e quindi la sublimazione di una gestione, quella di De Laurentiis, folle, talvolta incomprensibile e insopportabile, ma di indiscutibile successo. Questa è la serata ideale per trasformare un (ex) vice in un (nuovo) viceré.


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I campioni d’Italia in carica - non dimentichiamolo - si giocano i quarti di Champions a Barcellona senza Kim, ma con Calzona. Il pezzo potrei anche chiuderlo qui perché un’assenza di otto mesi e una presenza di pochi giorni descrivono perfettamente una stagione dalle logiche controverse. Certo, Francesco Calzona non può dirigere da dentro la linea difensiva, provare a tappare i buchi dei compagni e firmare uno storico scudetto. Ha un altro ruolo, altri compiti, un’altra storia e un’altra età. Ma adesso è lui la guida del Napoli. Ho avuto modo di confrontarmi con Calzona e devo dire che ne ho percepito immediatamente l’intelligenza, la competenza e la sensibilità umana. Non riesco ancora a chiamarlo Ciccio perché anche la confidenza ha i suoi tempi. Un giorno disse una cosa che mi colpì, una cosa davvero insolita, relativa al primo e unico anno in cui ha fatto parte del Napoli di Spalletti, pur non lavorando mai sul campo. «Mi sono detto: già che ci sono, lo studio da fuori. Quell’anno non l’ho buttato, anzi, lo considero di notevolissima importanza per la mia formazione. Sono riuscito a sfruttare al meglio un periodo di semi-disoccupazione. E mi sono reso conto che Spalletti possiede una qualità rara: al di là delle eccezionali capacità sul campo, riesce a adattarsi a ogni situazione e allena tutti, dal centravanti all’ultimo degli impiegati».


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