NAPOLI - C’è tutto un mondo: c’è chi arriva dalla Guinea e chi dalla Costa d’Avorio, c’è un messicano, un francese, un moldavo. Ci sono uomini di varia estrazione (calcistica) e, quando il mercato diventa un casting, c’è il desiderio di prendere il migliore, quello che maggiormente intriga, che più si completa all’interno della squadra, favorendone anche il miglioramento. C’è un’idea ampia, vasta, senza confini, che attraversa tre Continenti, che racchiude in sé le forme più varie del centrocampista: geometrico, possente, intellettivo, di palleggio, d’inserimento, d’agonismo (allo stato puro), di sostanza, d’eleganza, giovane o anche maturo, mai «vecchio», questo no. C’è il Napoli qua dentro, in questa strategia che abbraccia l’universo, e che viene un po’ anestetizzata dal ritmo confuso del mercato: i soldi, sul tavolo, sono stati sistemati, ma il gioco preferito - di questi tempi - mira al rialzo ovunque. C’è un Napoli ch’è fatto, nella sua struttura portante, e che ha bisogno di poc’altro ancora per sentirsi completamente realizzato, per aver percezione che il processo procede e che vada evolvendosi ulteriormente l’autorevolezza espressa in questi ultimi sette anni vissuti qualificandosi (sempre) in Europa e tre volte in Champions League. Ecco, serve un centrocampista - e forse ne servono persino due - da Champions, qualcuno che sappia stare con Allan, Jorginho e Hamsik, contribuendo all’alternanza qualificata e favorendo il turnover ch’è mancato nel finale d’una stagione romanticamente fantastica. Però, c’è una «sporca» mezza dozzina d’ipotesi (e magari c’è, immancabile come sempre, persino un mister X da scovare o magari individuato e abilmente occultato). E’ una selezione naturale per progettare il futuro: ciak, si gira...