Razzismo nel calcio: da Omolade a Eto'o, i precedenti

Il caso Koulibaly è solo l'ultimo di una serie tristemente lunga. Boateng abbandonò il campo durante un'amichevole
Razzismo nel calcio: da Omolade a Eto'o, i precedenti
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ROMA - Zoro minacciò di abbandonare il campo, Boateng lo lasciò durante un'amichevole, i compagni di squadra di Omolade si dipinsero il volto di nero in segno di protesta. Il caso di Kalidou Koulibaly è solo l'ultimo di una serie tristemente lunga di episodi di razzismo nel calcio italiano. Quello dei cori e dei "buu" contro calciatori neri è un virus difficile da debellare, ciclicamente spuntano nuovi focolai di stupidità e inciviltà. Caso simbolo fu quello che vide protagonista, suo malgrado, Andrè Zoro, terzino ivoriano del Messina. Il 27 novembre del 2005, durante la partita contro l'Inter, il calciatore sbottò. Stanco di essere continuamente beccato dai cori provenienti dal settore dei tifosi ospiti, protestò platealmente, prendendo il pallone con le mani e minacciando di uscire dal campo. Fu l'intervento dei compagni e degli avversari a convincerlo a portare a termine la partita.

ETO'O - Perse la pazienza anche Samuel Eto'o, a Cagliari. Il 17 ottobre 2010, al terzo minuto della sfida tra i rossoblù e i nerazzurri, una parte dei tifosi cagliaritani cominciò a bersagliare il calciatore interista con "buu" razzisti. L'arbitro Tagliavento fermò il gioco e invitò gli speaker del Sant'Elia a diffondere un messaggio con il quale si ricordava al pubblico che in caso di nuovi episodi la partita sarebbe stata sospesa. Al 39', Eto'o segnò e mimò le movenze di una scimmia, in polemica con chi lo aveva preso di mira.

BOATENG - Suscitò ancora più clamore la reazione di Kevin Prince Boateng, nel gennaio di tre anni fa. Durante l'amichevole contro la Pro Sesto nello stadio di Busto Arsizio, stanco dei continui cori razzisti rivolti ai calciatori neri del Milan e provenienti dal settore dei tifosi della squadra avversaria, il milanista prima scagliò il pallone contro la rete di recinzione, poi lasciò il campo rifiutandosi di continuare a giocare, seguito dal resto della squadra.

OMOLADE - Nel 2001, invece, Akeem Omolade, giovane attaccante nigeriano del Treviso, fu fischiato dai tifosi della propria squadra. Nella seguente partita interna, contro il Genoa, calciatori e tecnico del Treviso presero le distanze da quei fischi scendendo in campo con il volto coperto di nero, in segno di solidarietà nei confronti del compagno. Un messaggio chiaro: «Non esistono differenze». In quella partita, Omolade entrò dalla panchina e segnò un gol. La risposta migliore ai razzisti.


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