Intossicati non solo dai sospetti

Intossicati non solo dai sospetti© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Gli ululati razzisti preceduti dai soliti cori e l’espulsione di Koulibaly verosimilmente condizionata dalle offese ricevute da una parte della curva; la sospensione temporanea richiesta tre volte e mai ottenuta; i calci di frustrazione (Insigne a Keita) e la rissa alla fine di una partita caricata a pallettoni: a San Siro, nei minuti conclusivi, il senso del Boxing Day è stato tristemente stravolto, più contatti proibiti che calcio di Santo Stefano.

Avrei preferito scrivere del gioco, di un primo tempo governato dall’Inter, di una ripresa a squadre allungate più piacevole per intensità e del gol di Lautaro che spinge il Napoli a -9, e invece sono di nuovo qui, costretto a mettere lo sport in secondo piano. Sembrava scritto. Poche ore prima, a Bergamo, Allegri si era infatti scagliato contro le “dichiarazioni pesanti da parte di capi, di responsabili di società contro gli arbitri: mi rendo conto che in Italia non si migliorerà mai. Ci vuole più educazione ed eleganza. E chi non ce l’ha non può comprarla al mercato”.

Allegri ce l’aveva con De Laurentiis per le allusioni nei confronti di Mazzoleni che da Pechino 2012 (Supercoppa Italia) i napoletani considerano una sorta di bestia nera, e per una battuta su Luca Banti. Banti è di Livorno, e questo è un fatto. Anche Allegri e Chiellini lo sono e ogni volta che Banti dirige la Juve qualcuno - ricordo Nassi, Agroppi e, ultimo, De Laurentiis, appunto - ha qualcosa da dire sulle origini e sulle frequentazioni extra-campo dell’arbitro. Ieri, subito dopo il 2-2 con l’Atalanta, Allegri avrebbe chiesto alla procura federale di intervenire per evitare che in futuro certe bassezze finiscano per incancrenire l’ambiente “offrendo spunti ai violenti e tenendo i giovani lontani dagli stadi, dal calcio”. Soprattutto in un periodo demenziale come l’attuale, in cui al termine di ogni weekend si contano gli arbitri gonfiati da calciatori o dirigenti, la campagna di Allegri votata all’educazione, a una crescita culturale alla quale personalmente non credo più da anni, deve essere sostenuta da tutti: sfido chiunque - però - in questo Paese di dietrologi ma anche di ipocriti, a non fare cattivi pensieri; pensieri che tuttavia un dirigente importante dovrebbe avere il buongusto di tenere per sé.

Il problema è peraltro di difficile soluzione: al momento delle designazioni Rizzoli tiene naturalmente conto della provenienza dei suoi, ma non può certo considerare le origini degli allenatori o dei calciatori che finiscono per essere diretti da un loro concittadino. Il Boxing Day ha detto altre cose. Gattuso le ha provate tutte per dare un senso al Milan di Frosinone, cambiando quattro volte la posizione di Calhanoglu e tre il disegno tattico, ma non ha cavato un ragno dal buco: una volta di più Higuaìn è andato a cercar fortuna nei territori che non dovrebbe battere confermandosi in crisi di lucidità, schiena e nervi. Nervi che sono saltati ai tifosi del Bologna i quali, sempre più avviliti da una squadra tecnicamente imbarazzante, hanno contestato la dirigenza più che Inzaghi.

La scatola dei doni di questo Santo Stefano 2018 contiene anche lo scavetto di Zaniolo, la contropartita d’oro (5 milioni il valore attribuitogli dall’Inter, che l’aveva pagato 1 e 2, nell’affare Nainggolan) e il colpo di tacco di Quagliarella che ormai gioca in versi. Di purissima tecnica.


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