ROMA - Il pallone, Chinaglia e la Lazio li ha conosciuti dopo. Ha iniziato a Barletta, da podista: «Ero nell’Avis Barletta, nella stessa società correva Pietro Mennea». Aveva 15 anni e il calcio lo praticava per strada: «Un giorno mi vide un amico, mi invitò al campo sportivo, mi scelse il Barletta. A 19 anni mi ritrovai in A, nella Lazio». Gaetano Stellone, classe 1950, ex ala destra, ha una storia diversa: «Io e la Lazio? Un amore inespresso. Con Chinaglia negli anni ci siamo incontrati spesso, di me diceva “era bravo, è stato sfortunato”».
LUI E I MITI - Stellone non ha mai giocato nella Lazio, ha visto crescere i miti del futuro: «Lorenzo mi paragonava a Garrincha. Ero un’ala destra con la finta, andavo sul fondo e crossavo. Nel primo giorno di colloquio mi disse “dà del lei al pallone o del tu?”. Avrei dovuto esordire in A contro il Lanerossi Vicenza, ma in una domenica di novembre non figurai nella formazione. In quel mese si riapriva il mercato, da lì a poco sarei partito per un nuovo prestito». In quattro anni ha girato l’Italia: «Pescara, Messina, Salerno e Matera. Oggi vivo di nuovo a Barletta, sono in pensione». Dopo aver smesso con il calcio, ha fatto l’agente di commercio, poi ha iniziato a seguire il figlio Roberto: «Lo accompagnavo da Ciampino alla Borghesiana, era un impegno». Stellone senior ha vissuto la Lazio a metà. Le sue domeniche erano il mercoledì: «Giocavo nella squadra riserve, facevamo parte del campionato “De Martino”». Le vere partite erano quelle settimanali con Chinaglia: «Botte incredibili, in partita non ci conoscevamo».
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