Lazio, non potevano aver smarrito i principi sarriani

Una liberazione. Ecco che cos’è la vittoria della Lazio sul Toro
Lazio, non potevano aver smarrito i principi sarriani© Getty Images
Xavier Jacobelli
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Una liberazione. Ecco che cos’è la vittoria della Lazio sul Toro, la prima di Sarri su Juric da quando guida i biancocelesti, dopo quattro tentativi senza successo, il primo successo stagionale all’Olimpico. La falsa partenza in campionato rischiava di trasformarsi nella zavorra di una stagione inopinatamente già tutta in salita. Invece, Vecino e Zaccagni hanno abbattuto il muro dei dubbi che poteva fare prigioniera la Lazio nel limbo di una classifica esageratamente penalizzante per i vicecampioni d’Italia in carica. E tutto questo, proprio contro il nuovo ZapaToro, presentatosi all’Olimpico cavalcando l’onda d’urto del pari in rimonta con la Roma, pimpante e aggressivo, con Duvan e Sanabria inizialmente insieme, anche se poi il tandem non ha funzionato e, alla distanza il furore si è trasformato in resa.

Immobile e l'immagine della grinta ritrovata

Immobile che rincula a metà campo e stende Bellanova per impedire il rilancio granata, beccandosi l’ammonizione, è l’immagine della grinta ritrovata di un gruppo per il quale questi tre punti sono ossigeno puro. Perché, nonostante tutti i problemi che l’hanno assillata in questo avvio, il ritardato arrivo dei rinforzi, l’altalena di prestazioni, la Lazio non poteva avere smarrito i principi del calcio sarriano, significativamente riaffermati dell’azione del gol di Zaccagni.

La squadra ha cominciato a ritrovarli grazie allo spirito di sacrificio, all’abnegazione, alla voglia di scuotersi finalmente da un torpore infido. Intendiamoci: né voli pindarici né grancassa accompagnino il successo sul Toro. Questo 2-0 deve essere soltanto l’inizio di una ripartenza che imponga continuità di risultati positivi e la controprova Milan neocapolista è già dietro l’angolo. Nella stessa misura, la battuta d’arresto romana non incupisca più di tanto i granata, sconfitti anche dall’inusitata arrendevolezza palesata dopo il primo vantaggio avversario. L’ovazione che ha salutato l’uscita dal campo di Immobile e il boato dopo la rovesciata di Castellanos che, per poco, non si è trasformata in un pezzo da cineteca, sono le due facce della stessa medaglia laziale: il capitano è sempre il capitano, che segni o non segni; il suo sostituto si è presentato bene e potrà fare ancora meglio. Adesso, grazie anche all’impresa del Sassuolo ammazzagrandi che, dopo il poker alla Juve, va a San Siro e stende anche l’Inter, la Lazio si ritrova a cinque punti dalla zona Champions, in un torneo che riserva continui colpi di scena. E il bello deve ancora venire.


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