La Lazio, Tudor e il passato cancellato

Leggi il commento sulla vittoria ottenuta dal nuovo tecnico al debutto contro la Juve
Stefano Chioffi
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È un’altra Lazio. Scegliere la strada del compromesso, a livello tattico, non avrebbe avuto una giustificazione logica. Tudor si è rifiutato di cercare un punto di sintesi tra la sua idea di calcio e quella di Sarri per provare a rendere più morbido il passaggio a un sistema dai principi opposti. L’inversione dal 4-3-3 al 3-4-2-1 ha sfidato anche l’incognita legata ai tempi fisiologici di un cambiamento radicale e rischioso.

Lazio, Tudor ha cancellato le gerarchie

Il tecnico croato, però, non si è limitato a introdurre un modulo di gioco. Ha cancellato le vecchie gerarchie, come se fossero scritte sulla sabbia: fuori Guendouzi, Luis Alberto e Immobile; dentro Kamada, Pedro e Castellanos. Decisioni coraggiose, nel giorno del debutto in panchina. Motivate in parte da un turnover ragionato, in vista della semifinale d’andata di Coppa Italia, in programma martedì sera a Torino sempre contro la Juve, e del derby di sabato con la Roma. Il francese era tornato giovedì dagli impegni con la nazionale di Deschamps. Lo spagnolo aveva saltato l’allenamento di rifinitura. E Ciro, il centravanti da 206 gol, può rivelarsi ancora una splendida risorsa, a patto che venga gestito con saggezza.

Il rigore non concesso a Zaccagni

Una vittoria prestigiosa che restituisce prospettive e autostima alla Lazio: cross di Guendouzi, entrato nel finale per sistemare le fragole sulla torta, e colpo di testa di Marusic, quando mancavano undici secondi. Una partita che stava per essere rovinata da un rigore netto di Bremer su Zaccagni, che l’arbitro Colombo e il Var Mazzoleni non hanno avuto l’umiltà di andare a rivedere davanti al video: un’offesa alla tecnologia, alle cento telecamere e ai conti della società di Lotito, che vive di equilibri finanziari e considera fondamentale la qualificazione in Europa.

Lazio smontata e ricostruita da Tudor

Tudor ha smontato e ricostruito la Lazio in meno di due settimane, raccogliendo subito indicazioni positive. Napoli sorpassato e settimo posto in classifica. Corsa e intensità, un controllo costante del match. Concentrazione e pressing. Pedro e Felipe Anderson sono andati spesso a disturbare Locatelli in fase di impostazione. Zaccagni si è preso il compito di coprire la fascia sinistra. Castellanos ha sprecato due buone opportunità. Bloccata ogni linea di passaggio per Rabiot e Kean: nel primo tempo l’unico pericolo è arrivato da Chiesa, ma Mandas ha letto in anticipo la traiettoria. E il portiere greco, ventidue anni, scoperto nell’Ofi Creta, si è distinto anche all’inizio della ripresa.

Il vento nuovo portato da Tudor

Una Lazio ordinata e compatta. Ha saputo curare i dettagli e schiacciare spesso la Juve, che ha raccolto soltanto sette punti nelle ultime nove giornate. Ora l’errore più grave, però, sarebbe quello di tradurre la trasformazione di una squadra in base a un disegno, alla difesa a tre, al doppio trequartista, a un concetto di calcio che ruota intorno alla marcatura a uomo, vicino allo stile di Gasperini. La differenza sostanziale, emersa in modo netto, va ricercata invece nell’atteggiamento e in un ritrovato senso di responsabilità. Ecco la vera linea di confine: l’ultima Lazio di Sarri era appassita, quasi appagata dal secondo posto dello scorso campionato. Sembrava che avesse smarrito il piacere di divertirsi e la spensieratezza. Era finita in un labirinto, oscillando tra riscatti passeggeri e opportunità bruciate. Sarri aveva suggerito un tipo di mercato, la società si era proiettata verso un altro binario. Distanze abissali che hanno finito per riflettersi all’interno del gruppo. Tudor ha portato un vento diverso, aiutando tutti a capire l’importanza di rimettersi sulla linea di partenza. Venerdì, durante la vigilia a Formello, c’è stata una frase illuminante del croato: "Non si vive di passato". Una realtà che la Lazio di Sarri aveva faticato a comprendere.


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