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MILANO - Il giorno della Befana, con il ko interno con il Bologna, Mihajlovic sembrava a un passo dall’esonero. Sinisa si salvò pareggiando, con qualche rimpianto con la Roma e conquistando le semifinali di Coppa. E proprio lì è cominciata la risalita. Tanto che, nel giro di quaranta giorni, non solo si è ripreso il Milan, ma si è messo pure parlare apertamente di terzo posto. La verità è che in questo 2016 il Milan si è ritrovato e compattato attorno a Mihajlovic. Il serbo ha dimostrato di avere il controllo della situazione e, soprattutto, di tenere il timone saldamente nelle mani. C’erano, infatti, le condizioni per cui anche i giocatori lo potessero abbandonare. Invece, ai discorsi di Montolivo e compagni, sono seguiti anche i fatti: vedi le ultime 7 gare senza sconfitte (non accadeva dall’aprile 2013), costruite attorno ad una difesa che concede pochissimo e un attacco che produce occasioni, anche se non sempre sfruttate.
LE CERTEZZE - Nel percorso di crescita queste ultime settimane sono state fondamentali la chiarezza e le certezze che Mihajlovic ha saputo trasmettere. Il Milan è passato attraverso tre moduli di gioco: accantonati 4-3-1-2 e 4-3-3, la quadratura è stata trovata con il 4-4-2. Inoltre, il serbo ha aggiunto gerarchie precise tra gli elementi di ciascun reparto. Ruoli e ordine di scelte, insomma, sono ormai assodati. Di fatto, le rotazioni tra i titolari sono ridotte a 13 elementi. Anche perché gli altri, quando hanno avuto la loro opportunità hanno regolarmente steccato. L'unico che ancora Mihajlovic non è riuscito a convincere è Berlusconi: la sensazione è che potrebbe cambiare qualcosa solo in caso di qualificazione Champions o di successo in Coppa Italia. Altrimenti, il destino del tecnico serbo appare segnato.