Milan, il New York Times: «Li Yonghong? Non ha nessuna miniera»

L'inchiesta del quotidiano statunitense scava sulla situazione patrimoniale del presidente rossonero. Emergono molti dubbi: «Le miniere di fosforo non sono intestate a lui. Il papà e il fratello sono stati in carcere per truffa»
Milan, il New York Times: «Li Yonghong? Non ha nessuna miniera»© REUTERS
3 min

MILANO - «Quando l’uomo d’affari cinese Li Yonghong ha acquistato il Milan nessuno in Italia aveva mai sentito parlare di lui, ma lo stesso potenzialmente accadeva in Cina». È l’apertura dell’inchiesta del New York Times dedicata alla storica cessione del Milan ai cinesi. Il quotidiano statunitense ha messo in risalto la posizione “oscura” del nuovo presidente: non è mai stato nominato negli elenchi delle persone più ricche della Cina e l’impero minerario che ha descritto ai dirigenti italiani è a malapena conosciuto nei circoli che si occupano di miniere.

«Tuttavia, raggiunto l’accordo con Berlusconi per la cifra di 860 milioni di dollari, ha dimostrato di avere la cosa più importante: i soldi». E questo è vero perché il mercato estivo è stato stellare. Da Bonucci a Biglia, da Ricardo Rodriguez a Calhanoglu solo per citarne alcuni. Spesa complessiva? Ben 230 milioni di euro, messi tutti sul bilancio di quest’anno, con un monte ingaggi tra i 110 e 120 milioni. C’è un però. L’impero minerario, più volte riconosciuto da Mr. Li come il suo principale asset, sarebbe in realtà riconducibile alla Guangdong Lion Asset Management, una società che negli ultimi tre anni ha visto quattro proprietari diversi. Tra queste figure spicca quella di Li Shangbing, che appare come rappresentante legale di Sino-Europe Asset Management, uno dei veicoli utilizzati per acquistare la società rossonera. E in un’intervista telefonica avrebbe confessato di non conoscere Li Yonghong. Il NYT, però, ricollega i loro nomi – oltre che per la Sino-Europe – per una disputa giudiziaria: ad aprile – continua il quotidiano statunitense – sono stati citati da un tribunale cinese per non aver risolto una controversia con un’altra compagnia nazionale, sparendo entrambi. Ombre anche sulla famiglia: «Nel 2013 Mr. Li è stato multato dalle autorità cinesi per circa 90.250 dollari (circa 76.500 €) per non aver dichiarato la cessione di azioni per 51,1 milioni di dollari (circa 43,3 milioni di euro). Nel 2004, invece, l’azienda di famiglia (la Guangdong Green River Company) si è associata con altre due compagnie per truffare alcuni risparmiatori per una cifra vicina ai 60 milioni di euro. Il papà e il fratello di Mr. Li sono stati condannati alla prigione mentre Mr. Li non è stato incluso nell’inchiesta». L’altra notizia che lascia molte perplessità è quella relativa alla sede della Guangdong Lion Asset Management. I tre autori dell’inchiesta (Wee, McMorrow e Panja) sono stati nel palazzo di Guangzhou che viene indicato come ufficio principale, ma hanno trovato i locali sbarrati e un avviso di sfratto alla porta per mancato pagamento dell’affitto: «Scrivanie e sedie in disordine, computer privi di disco fisso e dei vermi che infestavano un cestino della spazzatura».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Milan, i migliori video