E adesso anche Kakà, ma non saranno troppi?

E adesso anche Kakà, ma non saranno troppi?© LaPresse
Giuseppe Cruciani
3 min

Ma non saranno troppi? “A settembre arrivo anch’io”, ha detto Kakà. E con lui sarebbero tre le icone milaniste in posti di comando nel nuovo organigramma rossonero (Gattuso a parte). Forse i tifosi saranno felici di questi annunci, forse, e però poi bisogna fare i conti con la realtà che di solito è sempre più amara dei sogni. Non siamo qui a dare lezioni su come si costruisce un management calcistico, ma un dubbio viene: a cosa serve affollare il campo di ex campioni quando poi i ruoli non sono così chiari? Specchietto per le allodole? Operazioni di pura immagine? Ci sta, ma il sospetto è quello. L’esperienza dimostra che le catene di comando, nel calcio e non solo, funzionano quando sono corte, i galli nel pollaio pochi e il capo alla fine uno solo (di solito il più carismatico).

Guardate la Juventus: di ex ne ha respinti ben tre, e non di poco peso. Del Piero se ne andò col broncio per nulla considerato dalla proprietà come possibile dirigente, Buffon è cronaca di queste ultime settimane; nessuna polemica, anzi, ma invece di fare la bandierina bianconera in giro per il globo, ha giustamente preferito continuare a fare quello che sa fare meglio, il giocatore di pallone. Infine Marchisio, costretto addirittura alla rescissione del contratto, sostanzialmente scaricato dalla società che lo ha cresciuto fin da bambino. Così può sembrare un paradosso, ma l’unico vertice apicale affidato a un veterano, nella Juve, è quello appannaggio di Pavel Nedved, che certamente ha un posto privilegiato nel cuore dei fans ma non è quello che calcisticamente parlando ha segnato la storia del club.

Perché? Per un motivo molto semplice: sa stare al suo posto, non sgomita, è un perfetto “soldato”, ha consegne ben precise (che non sono quelle decisionali), parla poco e mai per sbaglio (ricordate quel “deve fare più sacrifici nella vita privata” rivolto a Dybala lo scorso dicembre?). Ora, è anche vero che in casa Juve c’è una famiglia al timone che si chiama Agnelli, e invece al Milan è venuta a mancare la filiera berlusconiana. Però la Signora schiaccia-ex è diventata quello che è diventata anche così, col cinismo al posto dell’affetto trasferito dal campo alle stanze del potere o viceversa. La lezione è chiara. Quando c’è da costruire un club vincente, non si guarda in faccia a nessuno. Vedremo se al di là dei titoli roboanti (direttore sviluppo strategico area sport) il ruolo di Maldini si riempirà di potere vero mentre sta per arrivare pure un amministratore delegato (Gazidis dall’Arsenal) con un super stipendio da 3 milioni all’anno. Ma Kaká a che serve? Le poltrone all’inizio sono sempre belle, specie se accompagnate da stanze ampie e ben arredate. Bisogna vedere però se ti fanno toccare palla.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Milan, i migliori video