Insigne: «Napoli mio, non ti lascio mai»

Emblema della napoletanità, è diventato leader della squadra azzurra e adesso lancia la sfida alla Juve perché l’obiettivo scudetto non è così lontano
Insigne: «Napoli mio, non ti lascio mai»© Getty Images
Walter Veltroni
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Tagsnapoli

ROMA Insigne, come ha cominciato a giocare a calcio?

«Io abitavo a Frattamaggiore e, tramite il papà di un mio amico il cui figlio già frequentava una scuola calcio, fu fatta la proposta ai giovani del quartiere di andare a fare un provino. Non mi volevano perché ero il più bassino della comitiva. E portarono mio fratello. Io andai a vedere la sua partita e piansi a dirotto perché volevo entrare in campo. Alla fine mi accontentarono e da quel momento non sono uscito più, perché ho fatto subito bene e ho continuato a giocare con la scuola calcio».

Quanti anni aveva?

«Otto anni».

I suoi genitori che lavoro facevano?

«Mio padre il calzolaio e mia mamma la casalinga».

(…)

Lei pensa di restare sempre al Napoli come Maldini, Del Piero, Totti?

«Io lo spero perché ho sempre desiderato indossare questa maglia per tutta la vita. Poi si sa che non dipende solo dal calciatore, ma dalla società. Io per ora ho rinnovato un contratto di cinque anni con il Napoli, sto bene così, penso a giocare nel modo migliore il prossimo campionato. Il mio desiderio è rimanere più a lungo possibile nella squadra dove mi sono formato e per la quale il mio cuore palpita».

(…)

Chi è stato l’allenatore più importante della sua vita?

«Anche se sono giovane ho conosciuto diversi allenatori. Ho avuto Zeman che mi ha lanciato nel grande calcio e che ha puntato su di me sia in serie C che in serie B, e lo ringrazio tuttora. Poi Benitez, che mi ha fatto capire l’importanza della fase difensiva. Io, sinceramente, prima mi fermavo a centrocampo e non facevo la fatica di aiutare la squadra, rientrando. Questo poi è il terzo anno che sto con Sarri, lui veramente vive di calcio e si sta impegnando tanto, come si vede in campo. Le persone, anche non del Napoli, mi fermano e mi dicono che noi divertiamo il pubblico quando giochiamo. Ma non succede per caso: stiamo tante ore sul campo con la palla e proviamo di tutto. E’ grazie all’allenatore se oggi sono arrivato a questo punto, sia a livello contrattuale con il Napoli, sia a livello umano, sia in Nazionale. Devo tanto a Sarri, perché mi ha insegnato tanto. E continua a farlo».

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