SCOPRENDO ANCELOTTI

SCOPRENDO ANCELOTTI© ANSA
Ivan Zazzaroni
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Ancelotti è cambiato. O forse è sempre stato così, ma non ce ne eravamo mai accorti. Non è, non più, “la figurina di ragionevolezza e pazienza”, il tecnico dal buon carattere: nel “nuovo” Ancelotti si fatica a ritrovare il paneesalame, o la coppa dell’autobiografia scritta con Alessandro Alciato.

Nel “nuovo” Ancelotti, lasciatosi bruscamente col Bayern e passato da Reggiolo a Vancouver attraverso Milano, Torino, Londra, Madrid e Monaco di Baviera, prevalgono altre qualità, oltre alla scaltrezza, a un filo di opportunismo, al sorriso spesso di circostanza. Le battute di spirito, quelle, sono fortunatamente rimaste.

Ancelotti è diventato più enigmatico, diffidente anche, meno spontaneo, sorprendente. Spiazzantissimo (se non mi credete domandatelo a Galliani, Sacchi e Gandini). A un certo punto della vita, a 59 anni, ha staccato: ha voluto il Napoli e per arrivarci ha evitato gli amici che gli sconsigliavano, o gli avrebbero sconsigliato, di non accettare la sfida e le insidie di una piazza reduce da tre anni di entusiasmo e bel gioco (senza vittorie) e di un presidente geniale ma “complicato” come De Laurentiis. Per settimane, dopo che l’avvocato Ziccardi di Parma aveva imbastito la trattativa (niente più agenti, in passato Carlo si era fatto assistere da Previdi, un secondo padre, e Bronzetti, entrambi scomparsi, e di recente da Branchini), Ancelotti si è negato, ha manifestato disinteresse, proteggendo il rischio che aveva deciso di assumersi. Un rischio diverso dai precedenti: le piazze che aveva frequentato non inseguivano il primo posto, lo pretendevano.

Il Grande Carletto, l’uomo dei titoli in tutte e cinque le nazioni leader del calcio mondiale (in Spagna, col Real, non ha vinto il campionato ma tutto il resto), il professionista abituato a riempire anche col dialogo le pance vuote dei campionissimi, ha scelto il più eccitante dei salti nel buio.

 


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