I SUOI MAESTRI - I maestri del Carlo Ancelotti allenatore li ha conosciuti alla Roma e poi al Milan: «Nel nostro mestiere è inevitabile avere tante idee differenti e attingere da diversi maestri. Il primo di questi è stato per me Nils Liedholm, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle risorse umane e il non mettere pressione ai propri giocatori. Poi ovviamente c'è Arrigo Sacchi, col quale ho passato 5 anni da giocatore e 3 da assistente, durante i quali ho imparato tanto. Sono stati in tutto otto anni molto formativi, nei quali ho capito come si portano avanti le proprie idee e come si devono fare gli allenamenti. Questi non sono solo riscaldamento, partitella e tiri in porta ma anche tattica, attenzione e costanza. Solo facendolo ogni giorno, per esempio, capisci quanto è importante il pressing».
LA SUA FILOSOFIA - E dagli insegnamenti di questi maestri è nato uno dei tecnici più vincenti del calcio italiano: «Il ruolo dell'allenatore è abbastanza complesso: bello, piacevole ma abbastanza complesso. Oltre a 25 giocatori, il gruppo squadra comprende una cinquantina di persone, che sono importanti nella misura in cui tu le rendi partecipi e importanti. Per gestire al meglio il gruppo bisogna far sentire le persone che ti circondano 'comode'. Io lavoro delegando e dando responsabilità agli altri. Tante volte mi hanno detto che la mia gestione era troppo morbida e io ho risposto sempre 'se volete uno che usa la frusta cercate un'altra persona'. Il mio carattere - ha concluso Ancelotti - è questo e solo se agisci seguendo il tuo carattere puoi essere credibile».