Dino Viola per sempre cuore Roma

Vinse lo scudetto con pochi soldi ma con tante idee. Così con Liedholm e Falcao cambiò il calcio italiano
Dino Viola per sempre cuore Roma© Bartoletti
Guido D'Ubaldo
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ROMA - E’ stato il più grande presidente della Roma, non ce ne vogliano i familiari di Franco Sensi, che subito dopo di lui ha dato alla squadra giallorossa la possibilità di contrastare i grandi club del Nord e ha vinto uno scudetto storico, come l’Ingegnere. Viola, che non aveva certamente la disponibilità economica di Sensi, ha aperto una strada, arrivando dove non aveva osato arrivare nessuno. Ha avuto l’ardire di sfidare la Juve, l’acerrima nemica, di opporsi all’arroganza delle grandi del Nord, quasi con snobismo. Lo soffrivano Viola, eccome lo soffrivano. Con il suo violese rendeva i suoi antagonisti impotenti sul piano dialettico. Aveva un grande carisma. Ecco, questo lo ha distinto da tutti gli altri dirigenti. Chiunque gli si avvicinava provava un senso di soggezione. Per rompere quel distacco che imponeva lo hanno dovuto prendere a calci. Accadde a Torino, in occasione di una partita contro la Juve. Era già anziano, ma non se ne lamentò. Rese la Roma una squadra dal profilo internazionale, mise insieme un gruppo eccezionalmente forte. Grandi calciatori e grandi uomini. La Roma vinse lo scudetto anche per questo. Risorse a Pisa con una vittoria decisiva per lo scudetto dopo aver perso la settimana precedente contro la Juve. Ci piace pensare che fosse stato l’Ingegnere a trasmettere quella rabbia in più ai suoi giocatori per superare quel momento delicato.

LA FAMIGLIA - Non amava perdere, ma temeva che i successi potessero far adagiare l’ambiente. Della sua squadra sapeva tutto, era informato anche dei problemi personali dei suoi giocatori. Dino Viola era consapevole di avere un’intelligenza superiore e per questo al primo impatto poteva sembrare presuntuoso. Ma nel privato sapeva avere una dolcezza d’animo sorprendente. La sua famiglia, i suoi figli, hanno vissuto alla sua ombra. Con eleganza la signora Flora, che è stata all’altezza del signore venuto da Aulla, che fece innamorare giovanissimo. Nessuno ha neppure tentato di emularlo. Ma ha sempre cercato di coinvolgerli, soprattutto i figli maschi, Riccardo ed Ettore, nelle vicende della Roma. Sempre mantenendo ben chiaro il suo ruolo di dominus. Aveva saputo conquistare la stima dei tifosi, nonostante il suo stile distaccato. Ma in un certo senso li ha educati. Soffrì molto negli ultimi anni della sua presidenza, prima che la malattia lo portasse via in pochi giorni, per una contestazione che gli fecero a Trigoria. «Viola caccia i soldi». Gli suonò come un insulto, più che un invito. Perché lui aveva reso forte la Roma e l’aveva portata a vincere con le intuizioni più che con il portafoglio. Tutti ricordano l’acquisto di Falcao, che era un’icona della Roma dello scudetto. Avrebbe preferito Zico, alla fine diede ragione a Liedholm. Ma aggiunse tasselli fondamentali alla squadra campione d’Italia scommettendo sul giovanissimo Ancelotti, sulla voglia di riscatto di Prohaska, sul desiderio di dimostrare che non era finito di Maldera. Si trovò in casa Conti e Di Bartolomei, oltre a Tancredi e Pruzzo che aveva acquistato Anzalone. Ma sfruttò argutamente anche le sue amicizie, con Andreotti che gli diede una mano per farsi prestare Vierchowod da Mantovani. Era la carta che mancava per vincere lo scudetto.

Uno dei tanti tweet che ieri la Roma ha dedicato al suo amato presidente

LE BATTAGLIE -  Dino Viola aveva le sue superstizioni, i suoi riti. I suoi atteggiamenti inconfondibili. Quel modo di tenere la giacca non infilata sulle spalle, oppure la sigaretta tra l’indice e il medio con le falangi piegate. Vinse lo scudetto e perse la Coppa dei Campioni l’anno dopo. Ebbe la forza di ripartire. Riuscì a riportare Liedholm alla Roma grazie a una promessa e, quando arrivò il momento di cambiare, con un escamotage tesserò Eriksson, mettendogli accanto in panchina Roberto Clagluna. Qualche anno prima riuscì a tesserare il secondo straniero, Toninho Cerezo, e allora non si poteva. Aprì un fronte. Aveva idee, sensibilità, intuito, intelligenza. E fortuna, che in ogni campo non guasta mai. E’ stato un grande presidente, Dino Viola. Indimenticabile, ancora oggi, a venticinque anni dalla sua scomparsa.


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