Serie A Roma, rivoluzione Pallotta. Il presidente interventista

Da almeno un anno decide tutto lui, fidandosi di pochi fedelissimi: uno di questi ora è Spalletti
Serie A Roma, rivoluzione Pallotta. Il presidente interventista© ANSA
Roberto Maida
3 min

ROMA - Lontano dagli occhi, ma non dal cuore. James Pallotta lo aveva premesso e promesso, una volta deciso l’esonero di Garcia: «Siamo tutti in discussione». Anche Sabatini, che infatti accompagnerà coerentemente all’uscita l’allenatore che aveva scelto e difeso a oltranza. I dubbi non erano soltanto del direttore dimissionario. Erano anche del padrone.

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RIVOLUZIONE - Stava fisicamente dall’altra parte del mondo, Pallotta, eppure vigilava con fermezza sulle carenze tecniche e sulle intemperanze caratteriali della squadra. Anche (non solo) grazie al braccio destro Alex Zecca, che spesso frequenta Trigoria senza avere una qualifica - e una stanza - da dirigente.

 Pallotta è rimasto a osservare, fidandosi dei delegati, fino all’inverno 2015. Poi ha messo mano ai problemi intervenendo come un patron italiano vecchio stampo: via i medici, via i preparatori, dentro uno staff tutto nuovo. E poi ancora, saluti all’allenatore a scapito di un contratto fino al 30 giugno 2018 e un commiato meno amichevole di quanto sembri dal direttore sportivo. La rivoluzione americana a Roma. Tabula rasa.

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TUTTO NUOVO - È interessante osservare il management che sta prendendo forma, rispetto agli albori della proprietà bostoniana. Il 18 agosto 2011, giorno zero del nuovo corso, la Roma si schierava così: presidente Thomas DiBenedetto; amministratore delegato Claudio Fenucci; direttore generale Franco Baldini; direttore sportivo Walter Sabatini; allenatore Luis Enrique; team manager Salvatore Scaglia; responsabile medico Michele Gemignani.

 Con la rinuncia a Sabatini, saranno cambiate tutte le poltrone. Senza perdere la continuità rappresentata da Mauro Baldissoni, partito come consigliere e poi entrato nell’organigramma come dg: il suo contratto, in scadenza, sta per essere rinnovato.

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