Veltroni intervista Florenzi: «Torno presto, rivoglio Roma e Nazionale»

È un calciatore completo e duttile, un ragazzo intelligente e generoso. Fermo da sei mesi per infortunio, si racconta senza perdere il sorriso: «Adesso sono concentrato sul recupero, giocare mi manca come l'aria»
Veltroni intervista Florenzi: «Torno presto, rivoglio Roma e Nazionale»© ANSA
Walter Veltroni
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ROMA - Si accarezza la gamba, passa le dita su quella ferita verticale che ha cambiato i connotati del suo ginocchio e quelli delle sue giornate, ormai da mesi. Ma sorride, ha la faccia tipica del bravo ragazzo di questa città. Ha la schiettezza, il senso dell’umorismo, l’intensità che sta scritta nel migliore dna di Roma. E’ un calciatore completo, capace di giocare in tutti i ruoli, dotato di buon lancio e di forte tiro.

Generoso, intelligente, è il giocatore che credo ogni allenatore vorrebbe con sé. Ora non vede l’ora di tornare a sentire l’odore del campo e non quello della palestra. Ma Florenzi sa, anche per lo choc della ricaduta, che si gioca solo dopo aver faticato. Come da bambini, quando il pallone lo si vedeva dopo la scuola, dopo i compiti. Chi ama il calcio lo aspetta. Senza mettergli fretta. L’importante è che torni com’è.

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La prima domanda è: come va?
«Va bene. Potrebbe andare sicuramente meglio, visti gli ultimi mesi. Adesso sono concentrato sul recupero, ovviamente senza darmi, anche per ragioni scaramantiche, un tempo definito di rientro. Quando starò bene tornerò in campo. E non vedo l’ora, perché giocare mi manca come l’aria».

Come è stato il primo incidente?
«Il primo è stato contro il Sassuolo, su una palla alta. Ho preso una piccola spinta da dietro e, quando sono ricaduto, ha ceduto il legamento del ginocchio. Invece il secondo è accaduto in allenamento con i ragazzi della Primavera. Ho fatto una torsione e mi sono fatto male. Pensavo di stare troppo bene e invece non era così. Sono entrato in campo con l’idea, dentro di me, di non aver avuto niente, non aver riportato l’infortunio. Avevo fretta e voglia di tornare al mio gioco. Forse è stato quello il mio sbaglio: rientrare e pensare di aver superato tutto. Mentre un crociato devi sapere che ti segna la vita e che da quel momento dovrai lavorare ogni giorno con la coscienza di aver subito questo infortunio. Devi sapere che per i prossimi dieci, quindici anni, o fino a quando Dio vorrà che io giochi a pallone, tutti i giorni devi sapere che hai avuto questo problema e che devi lavorare tutti i giorni per prevenire, per fare in modo che non ti succeda più».

(...)

Lei resterà sempre a Roma? Vuole fare come De Rossi e Totti?
«Una bella domanda questa. Non lo so, dico la verità, perché è difficile dirlo. Cambiano tante cose, cambiano tanti aspetti magari del tuo carattere, di quello che ti circonda. Penso: sì c’è la voglia di fare il percorso che è stato quello di Daniele, quello di Francesco. Loro sono irripetibili. Hanno fatto cose irripetibili. Francesco e Daniele sono il cuore della Roma e io, secondo me, non potrò mai arrivare a fare come loro. Quindi dico magari sì, può essere così. Però non è detto. Non mi precludo nulla, non posso precludermi nulla. Sarebbe anche bello giocare in altri posti, scoprirli, conoscerli. Però alla fine mi dico, dentro di me, che tutta la carriera a Roma sarebbe bello farla. C’è sempre quella parte di me che dice che sarebbe bello fare come Francesco e Daniele. Anche perché per ora siamo solo noi tre a poter legare la vita calcistica alla Roma e solo alla Roma. Forse è difficile che ce ne siano altri, a breve. Forse ci sarà Cristian, il figlio di Francesco, però non lo puoi mai sapere. Vivo giorno per giorno e vedo quello che mi si prospetta».

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