Totti, in una carriera l’emozione di chi ama il calcio

Il capitano della Roma che lascia il calcio giocato ha - per magìa - fermato anche il tempo, bloccato i ricordi, affollato una suggestione comune
Chi va: Francesco Totti. Dopo 25 anni ha dato il suo addio alla Roma. Ha in tasca un contratto come dirigente, potrebbe rientrare con un ruolo tecnico.© LaPresse
Alessandro Vocalelli
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ROMA - Con l’aria un po’ meno scanzonata del solito e la voce graffiata dall’emozione, ha raccontato se stesso e il suo sogno: «Avete presente, da bambini, quando la mamma ti sveglia per andare a scuola? Interrompe la tua storia fantastica e - per quanto ti sforzi - non c’è modo di ripartire e scoprire come sarebbe andata a finire. Ecco, io stasera mi sento così». Un’immagine suggestiva, attingendo ai ricordi, contagiosi, come sanno essere i fremiti, i battiti, i sospiri. Perché Francesco Totti, per la sua gente, per tutti quelli che amano il calcio, per le tifoserie rivali che gli hanno tributato omaggi ed applausi, per i campioni che hanno postato su twitter i loro messaggi d’amore, per le generazioni che hanno attraversato una carriera colorata come una favola, è stato in fondo quel sogno.

Venticinque anni con la stessa maglia, dipingendo i pensieri, sfumando le sconfitte e le ansie, cancellando i momenti più bui, aggiungendo del rosso e dell’oro, per metterci un altro po’ di passione ed un senso di infinita ricchezza. Bastava alzare lo sguardo e cercare quel sogno in curva, in tribuna, in uno stadio commosso, felice di esserci, partecipare; che non si sarebbe mai voluto svegliare. Troppo bello aver popolato una storia incredibile, troppo forte il rimpianto per non aver potuto allontanare il finale, scoprendo che il tempo - come ha detto lui stesso - è l’avversario più duro, implacabile.

Totti che lascia il calcio giocato ha - per magìa - però fermato anche il tempo, bloccato i ricordi, affollato una suggestione comune. Perché non c’è dubbio che sia capitato anche con altri fenomeni, da Del Piero a Maldini, da Zanetti a tutti quelli - impossibile fare un elenco - che hanno finito per raccogliere dentro una carriera, una vita, i sogni di tanti.

Ma ogni volta che una bandiera finisce di agitarsi e agitare, è qualcosa di sempre più duro da raccontare. Perché è dimostrato che il calcio non è fatto per moduli e schemi, perché uno stadio difficilmente è esaurito anche per una gara importante, ma è capace di essere bello e stracolmo, sicuramente più intenso - un rincorrersi di sorrisi e di lacrime - se è capace di raccontare una storia. Una favola. Un sogno. E non è decisivo che anche stavolta sia stato interrotto. L’importante, come diceva uno dei tanti striscioni, è averlo vissuto. E poi ognuno può scrivere il finale che preferisce, che vuole. Basta continuare a volerlo. Giocando. Con fantasia.


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