ROMA - Con l’aria un po’ meno scanzonata del solito e la voce graffiata dall’emozione, ha raccontato se stesso e il suo sogno: «Avete presente, da bambini, quando la mamma ti sveglia per andare a scuola? Interrompe la tua storia fantastica e - per quanto ti sforzi - non c’è modo di ripartire e scoprire come sarebbe andata a finire. Ecco, io stasera mi sento così». Un’immagine suggestiva, attingendo ai ricordi, contagiosi, come sanno essere i fremiti, i battiti, i sospiri. Perché Francesco Totti, per la sua gente, per tutti quelli che amano il calcio, per le tifoserie rivali che gli hanno tributato omaggi ed applausi, per i campioni che hanno postato su twitter i loro messaggi d’amore, per le generazioni che hanno attraversato una carriera colorata come una favola, è stato in fondo quel sogno.
Venticinque anni con la stessa maglia, dipingendo i pensieri, sfumando le sconfitte e le ansie, cancellando i momenti più bui, aggiungendo del rosso e dell’oro, per metterci un altro po’ di passione ed un senso di infinita ricchezza. Bastava alzare lo sguardo e cercare quel sogno in curva, in tribuna, in uno stadio commosso, felice di esserci, partecipare; che non si sarebbe mai voluto svegliare. Troppo bello aver popolato una storia incredibile, troppo forte il rimpianto per non aver potuto allontanare il finale, scoprendo che il tempo - come ha detto lui stesso - è l’avversario più duro, implacabile.
Totti che lascia il calcio giocato ha - per magìa - però fermato anche il tempo, bloccato i ricordi, affollato una suggestione comune. Perché non c’è dubbio che sia capitato anche con altri fenomeni, da Del Piero a Maldini, da Zanetti a tutti quelli - impossibile fare un elenco - che hanno finito per raccogliere dentro una carriera, una vita, i sogni di tanti.