ROMA - Le ragioni della falsa partenza, le questioni irrisolte, le accuse, le prospettive: cinque opinioni sul momento complicato della Roma dopo il sofferto pareggio contro l'Atalanta e la sconfitta a San Siro con il Milan.
UNA SQUADRA CHE NON QUADRA di A. Polverosi
C’è qualcosa che ci sfugge nella ricostruzione della Roma, tanto che cominciamo a supporre che certe operazioni siano state realizzate senza farsi ispirare dal pensiero calcistico dell’allenatore. Il modulo, non è solo una questione di numeri, come vogliono far credere i tecnici, ma serve per indicare la posizione in campo dei giocatori, posizione assegnata per le loro caratteristiche o per l’idea-base dell’allenatore. Allora, che c’entra Pastore nel 4-3-3 di Di Francesco, che c’entra in un modulo che non prevede il trequartista? Se la Roma ha Di Francesco in panchina, lo obbliga (diciamo lo induce) a rivedere l’assetto attraverso il quale il suo lavoro nel Sassuolo è stato apprezzato dalla stessa Roma. Era successo qualcosa di simile anche l’anno scorso con Nainggolan, almeno all’inizio: nel modulo nuovo, con i movimenti nuovi, non era a suo agio. Mettiamo invece che, per la presenza dell’ex parigino, Di Francesco decida di cambiare la sua storica impostazione e di passare al 4-2-3-1, come è successo nelle riprese con Atalanta e Milan. Allora, perché cedere Strootman? Restano solo due mediani puri, simili per caratteristiche, uno peraltro non più di primo pelo, che dovranno reggere il peso della squadra per 50-60 partite. Se Di Francesco punta al 4-2-3-1 (che spinge fuori Pellegrini e Cristante, due centrocampisti offensivi), deve prendere Pellegrini e adattarlo a giocare al fianco di De Rossi o di Nzonzi. Andiamo avanti. Se l’allenatore sceglie invece un attacco come quello del primo tempo di San Siro, con Pastore dietro a due punte, Dzeko e Schick, che se ne fa di quella batteria di ali, arricchita di recente dall’acquisto di Kluivert? [...]