Mourinho: "Un errore non accettare il Portogallo per restare alla Roma"

Lo Special One ritorna sulla proposta della nazionale lusitana e racconta i motivi di una decisione che forse, con il senno di poi, non prenderebbe più
Mourinho: "Un errore non accettare il Portogallo per restare alla Roma"
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Nessun pentimento, ma qualche rammarico. E il senno di poi a suggerire che, probabilmente, non è sta la decisione migliore. Nel corso di una lunga intervista concessa al canale coreano di Ea Sports, José Mourinho torna a parlare di Roma, seppur incidentalmente, ricordando la sua decisione di non rispondere alla chiamata del Portogallo. Un obiettivo però, quello di allenare la nazionale lusitana, ancora ben presente nel bagaglio di ambizioni dello Special One.

Un errore dettato dal cuore

"Fino ad oggi il Portogallo mi ha cercato in due occasioni, ma lo ha fatto in momenti che purtroppo non mi consentivano di accettare. L'ultima volta, ad esempio - racconta Mourinho -, ero ancora completamente coinvolto dalla Roma e avevo una grande empatia con i suoi tifosi. Ho scelto seguendo le emozioni e, probabilmente, ho commesso un errore rifiutando quella proposta. Oggi il Portogallo è una delle migliori tre nazionali d'Europa, forse tra le prime cinque al Mondo, se torneranno da me una terza volta, non mi lascerò sfuggire questa opportunità".

Le finali con la Roma le imprese più ardue

Rispondendo poi alla domanda su quale dei suoi tanti successi possa essere considerato il più arduo da conquistare, lo Special One non sceglie né una delle vittorie ottenute con il Porto o con il Chelsea, né il triplete conquistato con l'Inter, ma torna ancora all'esperienza in giallorosso: "Non ho dubbi, i traguardi più difficili che ho conseguito sono state le due finali consecutive con la Roma. E anche la vittoria dell'Europa League con il Manchester United. Ho scelto queste due squadre perché quando sono arrivato si trattava di club in difficoltà e per i quali io mi sono messo completamente in gioco senza tutelare me stesso, come invece fanno tanti grandi allenatori, che magari restano fermi anche qualche anno pur di sedersi su una panchina comoda, mentre io ho sempre bisogno di allenare a prescindere dalla situazione in cui poi mi ritrovo".


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