Il cuore giovane del Sassuolo: con Bucchi si sogna

Società sana e allenatore esordiente: l'ex Perugia pronto a ricostruire il dopo Di Francesco
Il cuore giovane del Sassuolo: con Bucchi si sogna© ANSA
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ROMA - Quando sei anni fa lasciò il calcio giocato, Cristian Bucchi disse semplicemente: «Ho capito che questo mio percorso è finito, spero che ora si aprano altre strade». Aveva 34 anni, era stato un buon bomber di categoria, zingaro del gol in giro per l'Italia, 15 squadre in 16 anni di carriera, il top con il titolo di capocannoniere a Modena. Era uno dei tanti. Qualcuno gli chiese: Cristian, e a fare l'allenatore ci pensi? Rispose: «Beh, si vedrà». Si è visto. E' arrivato a Sassuolo per fissare un punto e ripartire, dopo che il ciclo di Di Francesco si è chiuso, per esaurimento scorte psico-fisiche, seminate tra Italia e la prima Europa assaggiata dal club neroverde. Bucchi è un esordiente, anche se il curriculum segnala una decina di panchine in A (11 per la precisione). Successe a Pescara, nel 2013. Squadra che deragliava, il precipizio della B a un passo, Bergodi esonerato, chi chiamiamo? L'allenatore della Primavera: Bucchi. 11 partite, un solo punto, tante domeniche passate a commentare - ai microfoni, davanti ai taccuini - il lento precipitare del Pescara in serie B, costretto a certificarla lui la retrocessione, conseguenza logica di quella stagione disastrosa. Si può fare meglio, ma tutto serve.

Cristian ha fatto la gavetta: Gubbio, Torres, Maceratese, tutte in Lega Pro, poi Perugia l'anno scorso con la semifinale play off persa contro il Benevento. A Perugia si è scoperto - a quarant'anni - allenatore emergente, conteso, cercato da club che in lui vedevano l'uomo giusto per poter iniziare a scrivere una storia. Sassuolo è un punto d'arrivo, Bucchi è convinto che la squadra abbia il potenziale per arrivare tra le prime dieci del campionato, c'è persino un bonus-Europa nel suo contratto; ma Sassuolo può diventare un punto di partenza, come lo è stato in passato per almeno un paio di allenatori di successo. Citiamo Max Allegri, che si sedette sulla panchina del Sassuolo nell'estate del 2007, reduce da una toccata e fuga a Lecco durata un paio di settimane: ebbene, quell'anno Allegri centrò la prima storica promozione in B nella storia del club. E citiamo Stefano Pioli, che nel 2009-10 arrivò a Sassuolo dopo l'esperienza di Grosseto e Piacenza, ancora scottato dall'esonero - tre anni prima - in serie A, nella sua Parma. Pioli fece un signor campionato, si piazzò al 4° posto e sfiorò la serie A, fermandosi alla semifinale play off davanti al Toro. A Sassuolo - l'ultimo è Di Francesco - si arriva da «allenatori in progress» e si parte da «allenatori di prima fascia». Il solco è tracciato, Bucchi si è messo in fila, di strada da fare ce n'è parecchia ma il nostro ha le qualità - umane e tecniche - per poter ripercorrere strade già battute. Quando decise di smettere, sì, giusto sei anni fa, qualcuno nella selva dei microfoni del giorno dell'addio, gli chiese: Cristian, e a fare l'allenatore ci pensi? Rispose: «Beh, si vedrà». Si è visto. E si vedrà.

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