Avatar, la Via dell'Acqua: tanto rumore ma... Recensione senza spoiler

Come è veramente il seguito del grande successo firmato da Cameron: ha qualche pregio e tanti difetti
Avatar, la Via dell'Acqua: tanto rumore ma... Recensione senza spoiler© Courtesy of 20th Century Studios
Mattia Rotondi
4 min

Il nuovo Avatar è un film-evento? Sì, perché il seguito (13 anni dopo) di un prodotto che ha segnato la storia del cinema (i numeri parlano chiaro) non può non essere definito “evento”. Basta questo per renderlo automaticamente un capolavoro? Assolutamente no. La dimostrazione è questo Avatar, la Via dell’Acqua. Chi si aspettava la stessa portata rivoluzionaria del primo capitolo, rimarrà deluso. Chi invece si approccerà alla pellicola pensando di andare a vedere qualcosa di attraente dal punto di vista estetico invece, in parte, verrà accontentato.

Il nuovo film di James Cameron non è al livello del primo: né per sceneggiatura, né per l’esperienza di assistere a qualcosa che ha la capacità di cambiare il cinema. Tra l’altro, offrendo una trama molto simile al primo capitolo, spalmata però su quasi 3 ore e un quarto senza un vero motivo narrativo, o vi lasciate trasportare solamente dalle immagini oppure il rischio noia è dietro l’angolo.

Tecnologia 3D e visione: cosa aspettarsi

Partiamo da quello che tutti si aspettavano. Il primo capitolo aveva portato nelle sale un 3D di livello avanzatissimo, tanto che i film successivi per imitarlo cercarono in fretta e furia di adattarsi proponendo interventi posticci, che alla fine hanno avuto solo la colpa di contribuire alla nuova morte del 3D.

Chi vide il primo Avatar nelle sale si trovò a sperimentare uno stupore visivo raramente provato al cinema. Si aveva la percezione di qualcosa di davvero nuovo, una percezione accessibile agli occhi di chiunque. Questo nuovo capitolo apporta sicuramente un progresso tecnologico nel girato e nel montaggio, con il 3D a 48 fps che si mischia al normale 24fps. Qualcosa che sicuramente sarà ripreso da parecchie future produzioni cinematografiche. Ma, diciamo la verità, queste nozioni tecniche tradotte in impatto visivo cosa mostrano? Una grande brillantezza, certo. Una grande “realismo”, certo. Ma tutto ciò è lontanissimo dall’effetto rivoluzionario del primo capitolo.

Scomparsa la novità estetica dei Na’vi e di Pandora, tra l’altro, anche le nuove invenzioni visive non tengono il passo.

Cosa proprio non va

Il grande problema del nuovo Avatar è però l’aspetto narrativo. Facile dire che fa… acqua. Ma è così. Scompaiono alcuni dei migliori elementi poetici del primo capitolo per far posto ad un dramma familiare telefonato, anche nei momenti che dovrebbero essere più emozionanti. Ogni tanto fa la sua presenza un elemento religioso male integrato nella trama e senza un vero ruolo diegetico. Il tutto sfocia in un finale che Cameron riempie di autocitazioni ai limiti del parodistico.

Perché vederlo

Perché nella parti in cui la storia viene messa da parte per fare spazio al monopolio dell’impianto estetico, il film è un bel docu-fantasy sottomarino.

Perché è un film che vale la pena vedere al cinema. Ancor più del primo capitolo, questo secondo perderà la quasi totalità del suo fascino nelle visioni domestiche.

Perché è un film-evento e se ne parlerà parecchio.

Perché ci saranno dei seguiti e, se Cameron riuscirà a dipanare l’aspetto narrativo con più profondità e creatività, il brand Avatar mantiene ancora potenzialità rivoluzionarie.


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