GP Messico, dalla Formula 1 alla Formula Vergogna

La tardiva penalizzazione di Vettel  lascerà un segno profondo nella F.1 del futuro aggrappata a questi piccoli, ridicoli mezzi per ritrovare l'audience
GP Messico, dalla Formula 1 alla Formula Vergogna© LaPresse
Pasquale Di Santillo
6 min

ROMA - Dalle emozioni in Rosso, alla Formula Vergogna. La scandalosa F.1 con una mano dà il podio a Vettel e alla Ferrari penalizzando Verstappen e con l'altra glielo sottrae regalandolo nella notte italiana alla Red Bull di Ricciardo, con una penalizzazione ingiusta a Vettel per una scorrettezza di entità relativa ai danni dello stesso pilota australiano. Una decisione che farà discutere e lascerà un segno profondo nella F.1 del futuro aggrappata a questi piccoli, ridicoli mezzi per ritrovare l'audience e l'attenzione persa grazie alla noia di gare tutte uguali, dove a dominare è una tecnocrazia e una complessità che ha allontanato i tifosi dalla F.1.

Così, mentre gli alieni in Mercedes non tornano sulla terra e si giocano in mezzo alle nuvole il loro Mondiale impossibile, viaggiando in coppia tra Hamilton (51 vittoria in F.1, come Prost) e Rosberg, nel percorso che di questo passo regalerà il primo titolo iridato a Nico, gli umani si litigano l’ultimo brandello di podio a ruotate, e scorrettezze. La spunta Ricciardo, in maniera vergognosa. Vi spieghiamo come

Prima gioisce Vettel grazie alla solita, tardiva penalizzazione (5”) decisa dai commissari di gara a corsa conclusa per una palese irregolarità dell'arroganza fatta persona, in arte talentino Verstappen, che al giro 68 si difende alla sua maniera dall'attacco di un grande Seb in rimonta costante: frenata tardiva, lungo garantito, taglio della chicane davanti al tedesco, ma senza restituirgli la posizione come anche il team radio Red Bull gli chiede in maniera chiara e inequivocabile (anche se poi il team principale, Horner  dirà che aspettava chiarimenti dai commissari di gara).

Per Vettel sarebbe stato il settimo podio stagionale, per la Ferrari l'undicesimo per un ritorno al vertice atteso dal buco nero di quattro gare, 56 giorni, dal podio di Monza. Invece no, perchè all'arroganza di Verstappen corrisponde perfettamente quella del suo team, la Red Bull che fa ricorso sulla base di un comportamento irregolare di Vettel a difesa della posizione durante l'attacco di Ricciardo nel giro finale. 

E trova territorio fertile nell'inconsistenza dei commissari di gara che cambiano ad ogni Gran premio a parte il mitico Charlie Whting che li guida seguendo dettami superiori. E che mai riesce a dare certezza del diritto e omogeneità nelle decisioni. Whiting è stato oggetto di un bell’insulto dallo stesso Vettel che a trecento all’ora protestava per il mancato provvedimento ai danni di Verstappen, e perdonatelo se magari poteva essere un tantino nervoso. Per i puristi Vettel è stato punito per non aver rispettato la recente regola introdotta proprio per contrastare l’arroganza di Verstappen. Cioè cambia traiettoria in frenata mentre Ricciardo prova a superarlo. Vogliamo essere generosi: con molta fatica, ci può stare.

Ma ci sono troppe cose che non tornano. Perché i solerti commissari - in questo caso - lo penalizzano di 10" (5" in più di quanto era stato inflitto a Verstappen con un comportamento molto più grave)? Raddoppio di pena che lo fa scivolare addirittura al quinto posto dietro lo stesso, irriverente e arrogante Max? Una vergogna, appunto. E perché i commissari non hanno tenuto conto che Ricciardo ha avuto la possibilità di tentare quell'attacco a Vettel solo perché Verstappen aveva commesso la sua grande scorrettezza non restituendo la posizione a Seb e rallentandolo? E vogliamo paragonare questa irregolarità quasi veniale, vista la dinamica, al doppio tentativo di Verstappen di rovinare il Mondiale di Rosberg, al 1° e al 50° giro, prima rifilandogli a una ruotata che lo ha mandato fuori pista e poi rischiando di centrarlo grazie ad uno dei suoi proverbiali e spettacolari “lunghi” che tanto divertono Ecclestone e tutti quelli in astinenza di spettacolo, fuori delle regole? Ma del resto di cosa parliamo, se gli stessi giudici un po’ miopi sempre al primo giro hanno perdonato il taglio di chicane ad Hamilton poi fatto pagare, giustamente, a Verstappen?

Adesso abbiamo capito cosa voleva dire Bernie Ecclestone qualche giorno fa quando invocava muretti, ambulanze, più incidenti per recuperare interesse e ascolti alla Formula 1. Era una sorta di endorsement, di lasciapassare trasversale al Fenomeno del momento, Max Verstappen. Che puntuale, a Città del Messico ha preso in parola il boss e da padrone virtuale della F.1, tale è si comportato in pista. E non solo con Vettel visti i rischi presi con Rosberg. E se avesse rovinato la sua corsa iridata, avrebbero ancora tutti protetto l’arrogante Max capace anche di insultare Vettel dandogli dell’idiota, del frustrato che deve tornare a scuola? Ma la decisione contro Vettel e la Ferrari cancella tutto e apre una crisi che diventerà politica. Perché continuando a lasciar fare il padrone a Verstappen, si è creato un clima irrespirabile in F.1, che non gfa presagire nulla di buono per le due gare finali del Mondiale.

Peccato per la Ferrari che avrebbe meritato il podio per i progressi registrati dalla macchina e dallo stesso Vettel capace di recuperare secondi su secondi a Verstappen, alla Red Bull e allo stesso Hamilton. Impresa impossibile se non vai veloce dall’inizio alla fine e restando veloce per tutti i 71 giri con ogni tipo di gomma. Forse sarà un po’ tardi per riassestare una stagione tra le più complesse della storia di Maranello, ma la sensazione è che nel buio si sia trovato uno spiraglio di luce, vedremo quanta tra Brasile e Abu Dhabi. In attesa che lo stesso Presidente Marchionne sostenga da più vicino la scuderia, i suoi uomini e i piloti. Perché il deficit di potere e considerazione della Ferrari nel cuore politico della F.1 è ormai datato, ma decisioni come quelle prese nella notte di domenica evidenziano un distacco preoccupante, quasi più della crisi tecnica che pure ci auguriamo possa essere avviata alla soluzione.

Arrivabene non ci sta: penalità ingiusta


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