In forma con il fisioterapista: artrosi e protesi

Articolazioni: i consigli di due esperti sulla necessità dell'intervento e sulla riabilitazione post-operatoria
In forma con il fisioterapista: artrosi e protesi
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L’artrosi è una patologia degenerativa che colpisce le superfici articolari. Le ossa sono rivestite da un tessuto particolarmente specializzato che prende il nome di cartilagine articolare che permette alle articolazioni di muoversi tra di loro in modo fluido. Quando il tessuto cartilagineo perde le peculiari caratteristiche di “scivolamento”, diventando sempre più irregolare, il reciproco movimento diviene sempre più difficile e doloroso. Il dolore è dovuto al processo infiammatorio, mentre la difficoltà al movimento è invece legata al deterioramento della cartilagine, che perdendo le sue proprietà meccaniche, non consente più il normale scivolamento tra i due capi articolari.L’artrosi si manifesta con una relativa frequenza nei soggetti oltre i 60 anni e le articolazioni più colpite sono: anca, ginocchio e spalla, le prime due in particolare poiché sostengono il peso del corpo. I sintomi più frequenti sono il dolore locale e la difficoltà al movimento, ad esempio zoppia nel caso dell’anca e del ginocchio, difficoltà ad alzare il braccio nell’artrosi di spalla. Per capire meglio come affrontare l’artrosi abbiamo incontrato il dottor Giovanni Di Giacomo, chirurgo–ortopedico, responsabile del Concordia Hospital di Roma, e il dottor Alessandro Danieli, fisioterapista e responsabile del Poliambulatorio Specialistico Fisiodanieli in Roma. L’aspetto più importante è eliminare quei fattori di rischio, laddove presenti, che possono contribuire al processo artrosico come ad esempio il sovrappeso o il praticare attività sportive e/o lavorative che impegnino eccessivamente l’articolazione in questione. Quindi una corretta fisioterapia, l’uso di farmaci antinfiammatori, e talvolta dell’acido ialuronico, e dei fattori di crescita possono influire favorevolmente sul dolore.

Dr. Di Giacomo, quando è necessario l’intervento di protesi?

«Come tendenza si propone la protesi il più tardi possibile, quando il paziente ha un dolore molto forte, resistente ai trattamenti prima elencati. Resistere al dolore però per tempi prolungati, oltre ad essere scomodo, compromette le articolazioni vicine o controlaterali, sovraccarica in modo anomalo la colonna vertebrale, e il paziente non muovendo, ad esempio, la spalla per diversi anni, accelera l’osteoporosi e induce un importante disturbo ai muscoli articolari. Se pensiamo che le protesi devono essere inserite nel tessuto osseo, capiamo come un’importante osteoporosi può compromettere la stabilità protesica, così come una sofferenza cronica dei muscoli rende difficoltoso il recupero del movimento nell’arto protestetizzato. L’indicazione chirurgica alla protesi - continua il Dr. Di Giacomo - viene quindi data dallo specialista ortopedico che terrà in considerazione l’entità del dolore, l’età, le patologie associate, la durata della malattia, l’osteoporosi, il tono muscolare, l’apparato vascolare e altri fattori di rischio. Oggi i risultati degli interventi protesici articolari sono notevolmente migliorati. In particolare sono finalizzati a ridurre il dolore e a recuperare il movimento funzionale; equipe chirurgiche specializzate e l’innovazione dei materiali hanno contribuito e sicuramente contribuiranno a migliorare i già eccellenti risultati ottenuti. Rimane comunque sempre una chirurgia che presuppone un’indicazione chirurgica corretta, una buona esecuzione tecnica, un valido e monitorizzato recupero post- operatorio, cosi come un’attenta valutazione dei fattori di rischio specifici per ciascun paziente e delle eventuali complicanze di questo tipo di chirurgia (intolleranza all’elemento protesico, infezioni, dolore persistente)».

 

Dr. Danieli, nei casi di artrosi lieve invece?

«Normalmente viene consigliato al paziente di eseguire i movimenti al di sotto della soglia del dolore e di eseguire cicli di fisioterapia per cercare di mantenere una buona articolarità, un valido sostegno muscolare e di ridurre il dolore».

Per un valido recupero post-operatorio quanto è importante il ruolo del fisioterapista?

«Il ruolo del fisioterapista a seguito di un intervento è fondamentale. Il paziente dovrà indossare un tutore per circa 20–25 giorni, rimosso il quale inizierà un trattamento riabilitativo per circa 2–3 mesi, basato dapprima sul recupero articolare e poi sul recupero muscolare».

In cosa consiste la riabilitazione?

«Per la riabilitazione il fisioterapista può avvalersi dell’aiuto di alcuni macchinari, come ad esempio la Hilterapia, o la Tecar terapia, un trattamento estremamente efficace, che viene effettuato dalle mani del fisioterapista in unione stretta col macchinario, che ne potenzia l’effetto. L’efficacia immediata di questi trattamenti - spiega il Dr. Danieli - fa sì che il paziente senta un immediato miglioramento del dolore. Successivamente, attraverso mobilizzazioni passive e attive, si cerca di recuperare un armonioso movimento dell’articolazione interessata. Infine, attraverso esercizi specifici, il fisioterapista aiuterà il paziente ad effettuare in autonomia le normali attività di vita quotidiana senza rischiare di rendere vani i propri sforzi o di far regredire la patologia».

 

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