“Prevenzione” e “riabilitazione”, quando vincono sulla chirurgia?

Diagnosi, categorie soggette e le soluzioni proposte per il problema alla spalla dal Dr. Alessandro Danieli e dal Dr. Giovanni Di Giacomo
“Prevenzione” e “riabilitazione”, quando vincono sulla chirurgia?
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Se prevenzione e riabilitazione vincono sulla chirurgia. Questa frase detta da un chirurgo e da un fisioterapista esperto, assume un significato particolare. A tal proposito interpelliamo il Dr. Giovanni Di Giacomo – Specialista in chirurgia ortopedica, in particolare in chirurgia della spalla e del ginocchio presso il Concordia Hospital in Roma e il Dr. Alessandro Danieli – Fisioterapista e Responsabile della Fisiodanieli in Roma. 

Dr. Di Giacomo e Dr. Danieli , stando alla vostre esperienze, quali sono i criteri secondo i quali, a un paziente con un problema alla spalla, proponete untrattamento riabilitativo o viceversa un trattamento chirurgico? 

«Domanda molto interessante, che ci viene posta da numerosi pazienti con problemi non solo della spalla, ma anche del ginocchio e del gomito. Un chiaro esempio può essere quello dell’automobile: quando un’auto ha la convergenza e l’equilibratura delle ruote (postura nell’uomo) alterate, le gomme (tendini e legamenti nell’uomo) tendono a consumarsi più rapidamente. Allo stesso modo, quando il paziente ha un atteggiamento posturale non idoneo o una alterazione della biomeccanica del corpo, i tendini e i legamenti non lavorando in modo corretto nel tempo ne risentono andando incontro a degenerazione e quindi a usura. La capacità del medico e del fisioterapista consisterà, nel selezionare i pazienti, in cui a causa del difetto posturale è già presente una lesione vera e propria (usura delle gomme) rispetto a quelli in cui non si è invece ancora creato un danno strutturale. In quest’ultimo caso, dopo una corretta diagnosi, sarà sufficiente sottoporre il paziente a un adeguato trattamento riabilitativo mirato al riequilibrio posturale. Nel caso in cui si siano già create delle lesioni anatomiche (dei tendini o dei legamenti), è essenziale che queste strutture vengano riparate possibilmente in artroscopia e, fattore determinante dopo l’intervento chirurgico, il paziente deve seguire un protocollo riabilitativo per la correzione delle cause che hanno portato alla malattia. Solo rimuovendo la realecausa della patologia si riducono i rischi di nuove lesioni».

Con riferimento alle patologie della spalla, quali sono i sintomi che devono allarmare i pazienti?

«I sintomi più frequenti si riscontrano sia negli uomini che nelle donne nella fasciadi età compresa tra i 40 e i 60 anni. Sono

rappresentati principalmente dal dolore, che si può accentuare durante le ore notturne, e dalla limitazione articolare anche nei movimenti più semplici della vita di tutti i giorni come radersi o allacciarsi il reggiseno».

Quali sono le indagini strumentali che aiutano il medico a formulare una diagnosi corretta?

«Le indagini strumentali più importanti sono di sicuro le radiografie, che devono essere eseguite in specifiche proiezioni. Un valido aiuto può essere dato dall’esame ecografico, ma in molte circostanze si rende indispensabile la risonanza magnetica

ed eventualmente la TAC». 

Quali sono le categorie di pazienti maggiormente soggette a patologie quali la lussazione di spalla?

«Normalmente, la classica “fuoriuscita della spalla” interessa i soggetti giovani o perché predisposti per una lassità legamentosa o, perché vittime di traumi sportivi o stradali. Questi ultimi possono causare delle sofferenze legamentose favorendo l’uscita della testa dell’omero dalla sua sede originaria, vale a dire la glena. Normalmente se si tratta di persone che non praticano sport ad alto livello, dopo il primo episodio di lussazione, optiamo per un trattamento di tipo conservativo e riabilitativo. Quando invece la spalla “esce” numerose volte, si parla di “lussazione recidivante”. In questo caso il nostro atteggiamento è quello di incoraggiare il paziente a risolvere definitivamente il problema attraverso il trattamento chirurgico, che a seconda dei casi può essere eseguito per via artroscopia o a cielo aperto con un accesso mini-invasivo. Quando la selezione del paziente è eseguita in modo corretto i risultati del trattamento sono eccellenti con percentuali minime di insuccesso che si aggirano intorno al 2-3%. 

In conclusione Dr. Di Giacomo e Dr. Danieli?

«Pensiamo che non si debba mai essere aggressivi dal punto di vista chirurgico e che il ruolo dello specialista ortopedico sia quello di selezionare e informare correttamente il paziente. Dove possibile, sarebbe meglio evitare l’intervento a favore di un buon trattamento riabilitativo mirato alle reali cause del problema che preveda oltre alla terapia fisica (tecar, laser, ionoforesi, etc.) anche la terapia manuale e la ginnastica posturale, così da ripristinare quelle che noi all’inizio dell’intervista abbiamo chiamato equilibratura e convergenza delle ruote (postura). Nel caso in cui siano presenti lesioni anatomiche importanti, riteniamo sia essenziale intervenire con la chirurgia mini-invasiva per poi riabilitare correttamente il paziente con i principi precedentemente affrontati».


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