Ecco Tom Hardy. Per l’attore pericolo Venom

L'inglese ancora una volta con il volto nascosto: stavolta è Eddie Brock "infettato" dal simbionte alieno arcinemico di Spider-Man
Ecco Tom Hardy. Per l’attore pericolo Venom
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È uno dei migliori attori della sua generazione, ma probabilmente alcuni, tra coloro che stanno leggendo, faranno fatica a ricordarlo all’interno di un film. Sì perché i migliori ruoli di Tom Hardy sono stati quasi tutti in maschera. Il pericoloso terrorista che vuole distruggere Batman tenendo in ostaggio Gotham City con una bomba atomica? Con il volto nascosto da un apparecchio per respirare: Bane quasi riesce nel suo intento di liberarsi del suo arci-rivale prima di finire regolarmente sconfitto. In Mad Max Fury: Road Hardy appare per la maggior parte del tempo con una museruola di acciaio in mezzo a tempeste di sabbia. Tredici mesi fa è stato tra i protagonisti di Dunkirk. Durante la sconfitta di maggior successo della Seconda guerra mondiale, Hardy era il pilota dello Spitfire che copre la fuga dei soldati inglesi dalle coste francesi, così ostinato nel perseguimento del suo obiettivo tanto da consegnarsi al nemico. Lo vediamo chiuso nella cabina di pilotaggio, con mascheraper l’ossigeno, gli occhiali e il berretto da pilota, ci trasmette i mille dubbi, ansie ma la stessa determinazione utilizzando solo gli occhi e l’espressività dei movimenti di testa e spalle. Con Nolan ha dato vita una collaborazione proficua. Insieme a Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno e Dunkirk, ha lavorato con il regista britannico anche in Inception. Tra le altre notevoli interpretazioni di Hardy c’è certamente Bronson, per la regia di Nicolas Winding Refn, ritratto di Michael Gordon Peterson, meglioconosciuto come Charles Salvador, noto per aver trascorso gran parte della sua vita in carcere, passando oltre trent’anni in isolamento, un personaggio che ha costretto l’attore a numerose trasformazioni anche fisiche per raccontare un’esistenza così controversa; in Warrior è un lottatore di arti marziali miste obbligato a confrontarsi con il fratello per vincere un importante torneo; lavora nell’intenso La Talpa di Tomas Alfredson e soprattutto in The Revenant a fianco di Leonardo DiCaprio. Curioso come nel titolo che è valso allo statunitense il premio Oscar, Hardy ottenne la sua prima candidatura, come lo stesso DiCaprio aveva predetto. Tom scommise che se fosse avvenuto si sarebbe tatuato la scritta Leo Knows All, Leo sa tutto, sul braccio. E così è stato. Il 4 ottobre, Hardy torna al cinema in un cinecomics, sarà Eddie Brock, un giornalista che diventerà il corpo ospite per un simbionte alieno che gli darà dei superpoteri, Venom.

Il film diretto da Ruben Fleischer per te rappresenta un viaggio nei fumetti, ma li leggevi quando eri un ragazzo?

«Provai a leggere Spider-Man e Batman ma, ti confesso che li trovai troppo complicati per me, erano destinati a un pubblico più attento. C’erano collezionistidi vinili e di fumetti ed erano un pubblico certamente più specifico. Iniziai però a guardare la vecchia serie di Batman con Adam West, quella in cui indossa quel fantastico costume di lycra grigia e ricordo i film come quello in cui lotta contro uno squalo, lo avrò visto e rivisto una decina di volte».

E oggi, invece, che sei genitore?

«Mi sono accorto che sanno tutto. Ho guardato i film di Superman e di di Spider-Man, ma il loro eroismo non mi ha catturato. Forse è adatto per un pubblico di ragazzini o adolescenti, ma io, come adulto, sono attratto quando i personaggi sono più oscuri».

Quando ti fu proposto Venom, cosa pensavi di questo personaggio?

«Venom è fico, amico, è un tipo tosto. Mio figlio mi ha raccontato tutto su di lui, ama Venom. Ho scoperto che è anche un grande personaggio da interpretare perché è spericolato e fondamentalmente senza regole. È molto complesso».

Sei stato convinto fin da subito che sarebbe dovuto essere un film dedicato esclusivamente a Venom senza il suo rivale, Spider-Man?

«Senza alcun dubbio sì, doveva essere uno stand alone. Un uomo si prende unparassita ed è trasformato in un fottuto alieno! Già questo basta a fare un grande film. Ci sono tanti ingredienti del personaggio Venom nella ricetta Marvel e fin da subito ero cosciente delle sue possibilità, cosa avrei potuto fare con lui senza stare a pensare se, un giorno, sarebbe entrato a far parte dell’universo Marvel più avanti. Volevo solo interpretarlo».

Avete utilizzato la motion capture (tecnica usata negli effetti speciali per riprodurre movimenti realistici come il Gollum de Il Signore degli Anelli, per esempio)?

«La mia esperienza con essa è stata di circa 45 minuti, muovendomi con una tuta e abbiamo concluso che non ne avevamo bisogno. Era irrilevante per questo tipo di film. Venom è stato interamente creato dal supervisore agli effetti speciali Paul Franklin. Uno stunt ci ha aiutato con la fisicità e poi il simbionte è stato creato dalla squadra degli effetti visivi. Siccome gli occhi e i denti sono così differenti da quelli umani non era possibile utilizzare la motion capture per il volto. Io gli ho dato la voce».

Deve essere stato piuttosto impegnativo doppiare qualcosa che “non c’era”.

«Sì, perché non hai mai veramente idea di quello che stai facendo. Puoi solo averefiducia nel lavoro della squadra degli effetti visivi. Puoi lavorare su certi aspetti che poi loro utilizzeranno nel creare il personaggio digitale. Per Venom abbiamo anche dovuto lavorare a stretto contato con il regista della seconda unità, Spiro Razatos, che ha diretto le scene degli inseguimenti tra le automobili e le motociclette per coreografare il tutto. C’è della follia in ciò che ha messo in scena (ride, ndi)».

Quanto è stata dura per te fisicamente?

«È una sceneggiatura frenetica e l’energia necessaria per interpretare qualcuno che sta fuggendo da un qualcosa pericoloso come Venom è enorme. Ho dovuto metterci dentro anche parecchia isteria perché Eddie Brock sta lottando contro qualcosa che è come una malattia tropicale che sta prendendo il sopravvento sul suo corpo, nessuno sa cosa sia e i medici non hanno idea di come curarlo. È un film pieno di follia e di paura, ma ci sono anche lotte, azione, salti sopra le cose e dentro le cose! Se potevano mettermi un’imbracatura e tirarmi addosso qualcosa lo facevano. È stata dura».

Questo perché gli effetti visivi dovevano integrarsi alla perfezione con l’azione dal vero?

«Assolutamente sì. Non deve sembrare tutto finto, ma gli effetti visivi devono avere una certa fisicità e forza. Tutto ciò è stato emotivamente e fisicamente complicato».


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