Misano, il grande spettacolo della MotoGP

Assenze che contano, fischi inutili e l'Italia che fa sognare, la domenica del Motomondiale va in scena sul Marco Simoncelli
Misano, il grande spettacolo della MotoGP
Diego D'Andrea
3 min

Più che in ogni altro sport, assistere ad una competizione motoristica impone sempre una partecipazione sensoriale. Te lo ricordi ogni volta che varchi l’ingresso di un circuito; proprio come capitato in occasione del week-end di Misano, 13° tappa del Motomondiale. Il rombo dei motori, l’odore dei gas di scarico, quello della gomma degli pneumatici. I boati dei tifosi che fanno la ola da una parte all’altra dell’autodromo, ad ogni sorpasso, ad ogni staccata, soprattutto quando si infrangono le leggi della fisica e si dettano regole nuove in fatto di manico e talento; e poi i “no” di sgomento urlati dal pubblico quando un pilota cade. Un sentimento collettivo che afferra alla gola e lascia tutti col fiato sospeso, in attesa, perché in fondo lo sai: dopo ogni nuvola di polvere il più delle volte si rialzano; ma certe altre…

E A PROPOSITO... - Pista bagnata e pioggia, si è caduto tanto nella domenica di Misano, tantissimo in Moto2 e in Moto3, ma anche in MotoGP, dove Jorge Lorenzo sbatte il grugno sull’asfalto (proprio mentre era lì, davanti a tutti) e per l’ennesima volta anche su una stagione nera, che lo tira in basso, senza pietà, ogni volta che tenta di spiccare il volo e ritrovarsi campione. L’esatto contrario del suo compagno di squadra, che fa terzo dietro a un implacabile Marquez e a un sorprendente Petrucci, capitallizza, e si gode la meritata testa del mondiale (anche se in condivisione con lo spagnolo della Honda).

ITALIA IN VETTA - Dovizioso e la sua Ducati, quindi. Dopo 43 anni c’è di nuovo un italiano su una moto italiana a comandare i giochi (non si vedeva una cosa del genere dai tempi di Bonera sulla MV). Sono loro a far sognare e a far quasi dimenticare il grande assente di questo GP, l’infortunato Valentino Rossi. Ovunque, in circuito, bandiere col numero 46 e fumogeni giallo/fluo sembrano dire: “Vale, non ci sei, ma siamo tutti qui lo stesso per te”; eppure ovunque, a scaldare l’uggiosa domenica romagnola, si avverte chiaro il tipico calore “rosso Ducati”; calore che, almeno lui, rende un po’ meno brutto, in occasione di un paio di cadute e al momento della premiazione, lo spettacolo dei fischi al vittorioso Marc Marquez. Ma solo un po’…

COSÌ NON VA - Perché ok, va bene tifare il proprio pilota e tutto quello che ne consegue. Un po’ meno, esasperare le situazioni e non avere la capacità di saper applaudire una grande performance. Lo spagnolo, nell’ultimo giro di questo Gran Premio di San Marino e Riviera di Rimini, corso in condizioni davvero difficili, ha avuto un coraggio raro, si è preso rischi ben oltre il necessario e lo ha fatto esclusivamente per un motivo, perché sulla sua carta d'identità, alla voce professione, c’è scritto molto chiaro: “Campione”… un colpo di bazooka, il suo ultimo giro ai danni di un comunque grande Petrucci (arrivederci prima vittoria in MotoGP), che ha dipinto la parola “motociclismo” tra i cordoli umidi di Misano. E se ami questo sport, se hai capito davvero cos’è, proprio non lo puoi fare... non puoi fischiare il coraggio di chi rischia la pelle a 300 km/h e non si tira indietro, rendendo unica ogni domenica di MotoGP. 


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