FCA investe, Trump ringrazia Marchionne: a lui piacerebbe intesa con G.M.

In occasione della prima giornata del Salone di Detroit, il numero uno di FCA ha parlato delle strategie future del Gruppo. Tra America e Europa.
FCA investe, Trump ringrazia Marchionne: a lui piacerebbe intesa con G.M.© LaPresse
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Pasquale Di Santillo

In una giornata di positività totale: il dolce arriva in fondo. Il tweet di Donald Trump che ringrazia Marchionne e FCA per l’investimento di 1 miliardo per gli stabilimenti di Toledo e Warren arriva a fine conferenza stampa nel giorno di apertura del Salone di Detroit. E coglie Marchionne incredulo alla lettura del cellulare passatogli da una collega. «Che devo dire, stiamo parlando del presidente designato degli Stati Uniti, cosa volete che gli risponda. Che lo ringrazio per averci ringraziato. Era un atto dovuto al Paese".

E sempre collegato a questo dialogo a distanza ecco che arriva l’altro (auto) endorsment. Interrogato sulla vecchia questione di un accordo mai decollato con G.M. (per l’opposizione del CEO, mary Barra e del suo CdA. ndr). Marchionne sospira e profetizza «Da quello che capisco, e capisco poco, un'unione fra General Motors e Fca dovrebbe piacere a Trump». E Trump è stato il leit motiv della conferenza dell’a.d. di FCA a Detroit. «Non ho contatti con lui nè con il suo staff, ma l’ho conosciuto in passato» - aveva iniziato così la sua conferenza.

Cosa ne pensa di tutte le voci, le polemiche di questi giorni tra Trump e i costruttori?

«Si tratta solo di speculazioni, perchè nessuno sa, nemmeno noi cosa vuole fare la nuova amministrazione sull’automotive. se si andasse a scatenare la situazione di innalzamento delle tasse anche per il Canada, ad esempio per noi sarebbe un problema, siamo i più grandi produttori del Nord America e anche in Canada abbiamo due stabilimenti»

Significa che l’investimento annunciato ieri di 1 miliardo non è legato alle pressioni dei tweet di Trump?

«No, era già previsto. Ne parlavamo da temo anche con i sindacati dei lavoratori americani e non è vero che non ha minacciato solo noi, non mi risulta cheanche Mercedes e Volkswagen lo siano stati»

L’investimento previsto per lo stabilimento messicano di Toluca, rimane confermato?

«Assolutamente, parliamo di un qualcosa deciso nel 2104, iniziato nel 2015, finito quest’anno e con la produzione che inizierà a breve. Non si può fermare nulla. Tanto più che il segmento che conta in America è dal Cherokee in su. Gli altri sono volumi bassi. Certo, se iniziamo solo a difendere solo l’orto locale, a mettere barriere a questo scambio di merci, si va ad impattare su tutto e si chiudono prospettive. Ma non voglio parlare per il neopresidente nè per il suo staff. Lui sa cosa significa parlare di conseguenze economiche. In generale, bisogna stare molto attenti. Viviamo in un ecosistema molto delicato. Aspettiamo regole indirizzi e ci adegueremo. Con Jeep, ad esempio, abbiamo fatto una scelta precisa, perché rappresenta un marchio storico con un legame preciso con il territorio e il Cherokee e il Wrangler rimarranno sempre qui perché lo sanno fare bene e fa parte del loro Dna. Su Jeep tutti gli sforzi sono e resteranno concentrati per farlo diventare marchio globale. Se non avessimo i limiti di capacità produttiva di Grand Cherokee ne avremmo vendute tranquillamente 50-60.000 in più»

Guida autonoma: come procede l’accordo con Waymo di Google, la sensazione è che non siano convinto in pieno nemmeno loro. Le risulta?

«A loro non mancano capitali, possono fare quello che vogliono. Per arrivare a livello 4 di guida autonoma manca una maturità che ancora non c’è. Ma sono sicuro che arriveremo a livello 4 nei prossimi 5 anni. Poi, per passare a livello 5 non dipende solo da noi ma dalle istituzioni. Ma già il livello 4 sarebbe un bel passo avanti. Con Google siamo partner di sviluppo e in termini economici non ci perdiamo. Ma è ancora tutto da definire, cioè se rimaniamo semplici fornitori o parliamo di partnership completa. Di certo quello che fanno loro in termini di car sharing o servizio taxi potrebbero farlo le concessionari, in considerazione anche del fatto che a loro manca un certo tipo di know how»

La Giulia Station wagon ha deciso se produrla o meno?

«Non solo so, davvero: stiamo guardano le reazioni allo Stelvio. Ancora non sono convinto, è una partita solo europea. E bisogna capire davvero quale sarà la direzione politica di Trump, su dazi e tasse. Ne sappiamo quanto voi»

Cosa è successo negli ultimi due mesi al titolo FCA, cresciuto del 60%. Cos’è cambiato? Come ha convinto banche e investitori?

«Penso si stia sviluppando un livello di coscienza per cui gli obiettivo del 2018 forse non sono cosi fantasmagorici da raggiungere come pensavo in molti. Mancano 8 trimestri, preferisco contarli così. Otto non sono molti anche se può succedere molto: il 60% è fatto, il 40% è da fare). Poi vedremo alla scadenza. Il prossimo 26 gennaio presenteremo i conti ufficiali del 2016, ma non ho informazioni negative…».

Questo le fa confermare gli obiettivi stabiliti dal programma per il 2018?

«Sì, confermo tutti gli obiettivi del 2018 compreso azzeramento debiti. Anche un possibile dividendo? Quello magari anche prima. Anche perché spero che quello del 2018 sia l’ultimo bilancio FCA firmato da me. L’importante è che per quella data si centrino gli obiettivi: debito azzerato, 9 miliardi di utile operativo, 5 di netto e 5 di cash (cassa). La successione? Tutta interna, non ci sono candidati esterni. Loro non sanno di essere nella mia short list, ma alla fine deciderà Presidente e CdA. Se mi guardo indietro e penso al 2004 con 11 miliardi di debiti e 1 milione e poco più di auto prodotte, devo dire che di strada ne abbiamo fatta tanta. Abbiamo fatto anche uno stress test per valutare cosa potrebbe succede nel 2019, bene i livelli produttivi rimarranno altissimi e nel cassetto dell’azienda lascerò tantissimi progetti di nuovi modelli»

Elettrificazione: lei ha finalmente iniziato ad aprire l’azienda a questa tipologia di auto mentre arriva Trump che non è esattamente un paladino. Si fermerà il processo?

«No, si andrà avanti perché il mercato Usa per quanto importante economicamente, non può dettare un ritmo di sviluppo a tutto il mondo. Non possiamo fermarlo, è anche giusto aggiornare la tecnologia, renderla possibile. Non ho mai pensato trasformare il mondo dell’auto in una batteria e che quella fosse la soluzione a tutti i mali, ma non si può negare quanto sia importante sotto molti punti di vista, ambiente compreso".

Cosa ha pensato apprendendo la notizia dell’arresto del dirigente Volkswagen Schmidt, arrestato ieri dall’FBI perché coinvolto nel dieselgate?

«Sono choccato»

Al di là dell’opinione di Trump, pensa si possa davvero riprendere il dialogo con GM dopo gli accordi fatti da FCA con i colossi dell’informatica?

«Non lo so, la logica presentata ai mercati è quella che è. La nostra è un’industria che spende 2 miliardi la settimana, esclusa la Cina. Se guardiamo a quanto stiamo spendendo inutilmente, capiamo che si tratta di una somma oscena. Sarebbe auspicabile che qualcuno si accorgesse che esiste un’altra maniera per mandare avanti questa industria succederà, magari dopo il mio addio»

Torniamo al titolo: ma perché le valutazioni di FCA sono così basse?

«Noi abbiamo la valutazione che ci meritiamo. Valiamo quello che valiamo, il problema che quella valutazione era bassa di partenza, quando facemmo il piano 2014-2018. Faccio un esempio: prendiamo Uber che non ha mai mai guadagnato un euro sul mercato e valore di 60 miliardi, 4 volte quello di FCA. Quello della Silicon Valley è un altro mondo non so quanto durerà ma oggi è così. L’importante è rimanere aperti e sperimentare».

Si parla di spin off di Alfa Romeo e Maserati e di Magneti Marelli…

«Il primo non è nei piani. Per il secondo, la domanda è: Magneti Marelli è essenziale a FCA? La risposta è no…».

Pensa al colpo finale, prima di andare via o lo esclude?

«No, non escludo nulla le cose cambiano in sei giorni, in sei mesi. C’è tempo per tutto. Restiamo aperti».


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