Navarra esclusivo: "L'Italia del tennis così forte? È l'unione che fa la differenza"

L'eroe nella trasferta del 2001 a Helsinki, l'ex tennista prova a spiegare i segreti e le emozioni della Coppa Davis prima dell'esordio degli azzurri
Navarra esclusivo: "L'Italia del tennis così forte? È l'unione che fa la differenza"
Alessandro Nizegorodcew
5 min

«Basta una primadonna e il castello si sgretola. In Coppa Davis è la forza del gruppo a fare la differenza, come accadde nel lontano 2001 in Finlandia». Mosè Navarra, ex n.119 al mondo e oggi stimato tecnico FITP, fu protagonista ben 21 anni fa a Helsinki quando la Nazionale, guidata (per la prima volta) da Corrado Barazzutti, superò in trasferta la Finlandia 3-2 in una sfida per molti versi epica. L’allora neo presidente federale Binaghi ebbe subito una gatta da pelare e, a causa di un ammutinamento dei big azzurri, la Nazionale giunse al via con le seconde linee: Mosè Navarra, il compianto Federico Luzzi, Vincenzo Santopadre e il diciannovenne Filippo Volandri. Tutti tennisti fuori dalla Top-100 ATP. Corsi e ricorsi storici. Anche oggi, a Bologna, l’Italia si presenta con una squadra rimaneggiata seppur fortissima. L’ottimo stato di salute del tennis azzurro consente di poter schierare, nonostante i forfait di Sinner e Berrettini e la ‘querelle-Fognini’, ben cinque tennisti presenti nella Top-50 di singolo (Musetti, Sonego e Arnaldi) e di doppio (Vavassori e Bolelli). «Non si può parlare di ‘squadra B’, questo roster è fortissimo. La tensione? È difficile spiegare cosa rappresenti la Davis in termini di pressioni ed emozioni - spiega Navarra - perché ogni tennista fa storia a sé: alcuni giocatori, come ero io, cavalcano la situazione, ci sguazzano; altri invece non riescono a esprimersi al meglio».

Nel 2001 fu importante il gruppo.
«Avevamo creato una grande squadra, dentro e fuori dal campo. Sembra banale dirlo, ma in Davis il gruppo è realmente decisivo. In Finlandia fu come scendere in campo, sempre, tutti insieme. È una sensazione che non dimenticherò mai».

Lei vinse singolo e doppio, mentre Luzzi superò 14-12 al quinto set Liukko.
«Giornate indimenticabili che porto nel cuore. Luzzi vinse un match infinito. Fede era straordinario, si sarebbe buttato nel fuoco per i suoi compagni. Il giorno dopo in doppio vincemmo un grande match io e Vincenzo (Santopadre; ndc). Non avevamo mai giocato insieme ma c’era una grande intesa umana, che si rispecchiò in campo».

Com’era all’epoca Volandri?
«Era giovanissimo, ma fu subito bravo a fare squadra: disponibile e consapevole».

E oggi, come capitano?
«Coraggioso. Ha preso decisioni scomode senza farsi influenzare. Filippo ha grande personalità. Può sbagliare, come tutti, ma criticare dopo le sconfitte è troppo facile. Schierare Musetti titolare in Slovacchia, all’esordio, nel singolare decisivo lo scorso anno fu una scelta vincente e non da tutti».

L’Italia è la papabile vincitrice del Gruppo A, ma giocare da favoriti in Davis non è mai semplice.
«In Davis il ranking conta relativamente. Occhio a Cile e Canada: Garin non sarà nella sua miglior stagione, ma insieme a Jarry può formare un duo pericoloso. Non conosco la condizione fisica di Shapovalov, ma Pospisil e il giovane Diallo sul veloce indoor possono essere pericolosi».

Lorenzo Sonego lo scorso anno fu convocato all’ultimo secondo e giocò un tennis strabiliante.
«Sonny quando parte da underdog è pericolosissimo per chiunque ma ormai, grazie alla sua esperienza in Davis, sa anche gestire la pressione di dover giocare da favorito. È un ragazzo intelligente che dà sempre il massimo. Indossando la maglia azzurra ha spesso trovato prestazioni eccellenti, è un animale da Davis».

Animale da Davis?
«Ricordo un tennista belga di nome Christophe Van Garsse, che non entrò mai nei primi 130 del mondo ma in Davis superò un giovane Federer e tanti altri ottimi giocatori. Si trasformava. Questa Coppa non si può spiegare a parole».

Potrebbe esserci l’esordio, in doppio, per Andrea Vavassori.
«Vavassori è un ragazzo d’oro e un grande esempio per i più giovani: ha saputo costruirsi un percorso eccellente lavorando sodo. Sono contento perché porta tanta positività nel gruppo, oltre che qualità. In doppio abbiamo comunque varie opzioni».

Come si sceglie la formazione giusta?
«Vivendo queste giornate a 360 gradi. A volte se un giocatore è più pronto di altri lo capisci da come va a fare colazione. Filippo dovrà isolare al meglio la squadra dall’esterno e fare gruppo. Anche gli altri tecnici azzurri, come Umberto Rianna, saranno importanti in questo processo».


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