Sinner, il campione che diventa simbolo

Leggi il commento sul magico momento del tennista azzurro
Cristiano Gatti
5 min

Sinnergica, per una volta collegata e unita, tutti intenti a guardare nella stessa direzione, questo fenomeno d’atleta che in una magica notte torinese diventa fenomeno sociale, di moda e di tendenza, sulla bocca di tutti, persino di quelli che usano la racchetta per scolare le tagliatelle. Di che pasta sia fatto Jannik basta chiederlo a Djokovic. E comunque l’abbiamo capito tutti quanti, tecnici e improvvisati, esperti e orecchianti. L’ha finalmente capito tutto il mondo. Caso mai, noi italiani abbiamo capito una cosa in più, tutta nostra, solo nostra: abbiamo capito che Sinner è chiaramente di quelli che.

Quelli come Sinner

Di quelli come Gustavo Thoeni, che negli anni Settanta stravolsero le abitudini e le attitudini del ceto medio, per mettergli sotto i piedi un paio di sci, mandando a memoria civica il boom della Valanga Azzurra. Dopo di lui, un altro di quelli che, come Tomba. Di quelli come Novella Calligaris, che nel ‘73 vinse il titolo mondiale e fece scoprire agli italiani il nuoto donna, o forse il nuoto in tutto e per tutto, avviando generazioni di ragazzini alla pratica in piscina. Dopo di lei, un’altra di quelli che, come la Pellegrini. Di quelli come Marco Pantani, che con i suoi attacchi griffati e svalvolati, una bandana e una pelata da presepe napoletano, riuscì a riportare davanti al Giro milioni di telespettatori e a rimettere in bicicletta battaglioni di impuniti sedentari. Di quelli come Valentino Rossi, il manico naif che girando in pista come i patacca sul lungomare di Riccione, tolse due ruote alla fanatica Italia rossa dei motori e la traviò con la febbre sociale del MotoGp.

Sinner, dalla nicchia al centro del costume

Certo, dall’altra sera Sinner è di quella specie lì. Quelli che nascono ogni cinquant’anni perchè le mamme buttano via lo stampo. Quelli che escono dalla gabbia del loro movimento di nicchia, più o meno grande, più o meno popolare, e si inoltrano fino al centro del costume e delle adorazioni popolari. Quelli che fanno ascolti mostruosi, quelli che come testimonial firmano contratti da matti, facendo vendere di tutto. Quelli che per dirla nello slang di oggi diventano potentissimi influencer, perchè con un solo colpo di genio possono scatenare sentimenti e movimenti di massa. Quelli che riescono nell’impresa più fenomenale, staccare le zie e le nonne dalla loro catatonica devozione alla televisione trash del pomeriggio, attirandole con inspiegabile sortilegio davanti alla gara, mentre stirano sul tavolo in cucina. Sono pochi, sono contati, sono ricordati da tutti, quelli così. Alla fine c’è chi ne ricorda il nome senza nemmeno ricordare bene che sport facesse e che cosa vincesse.

Sinner, si è aperta la caccia alla storia

Come per gli altri idoli, anche per Sinner si è già aperta la caccia alla storia, ai dettagli, ai retroscena, come cercando a ritroso un vangelo pagano del nuovo messia pagano. Si racconta adesso che da ragazzino ha lasciato San Candido, non proprio Caivano, per imparare meglio sui campi di Bordighera. Si racconta tutto questo come il segreto della grande magia, ma non sta in piedi, perché il mondo è pieno di ragazzini che lasciano casa per buttarsi nei loro sogni. Partono in tantissimi, ma uno solo arriva. Nel conclave entra un battaglione di cardinali, solo uno esce papa. Così funziona, e in fondo è anche puerile stare poi a scartabellare una vita tanto giovane per costruirne l’agiografia celebrativa.
Sinner avrà già capito la cosa fondamentale, piuttosto: tutto quello che prima è difetto, limite, colpa, dopo diventa improvvisamente pregio e virtù. Se prima era freddo, algido, cruccotestaquadra, adesso è lucido, equilibrato, armonico, padrone delle emozioni, padrone di sé. Ripensandoci bene, non è neppure più così traditore: dicendo no alla Davis, dimostra di vederci lungo e di sapersi gestire da dio.

Sinner, c'è un avversario più temibile di Djokovic

Si prepari, il giovane Jannik: da ora in poi, tutto quello che dirà, farà, penserà, sarà sublime e meraviglioso. Anche un banale sorriso, anche una battuta penosa. In ogni intervista ne uscirà come minimo da Kant o da Schopenhauer.
Com’è possibile, tutto questo? La risposta è una, per niente nuova: vince. Chi vince, svolta e si prende tutto il banco. E il branco. In fin dei conti, con l’Italia ai suoi piedi, compresa di nonne e zie, nel domani Sinner dovrà guardarsi da un solo avversario, il più temibile, più ancora dei Djokovic. Non c’è bisogno di fare le morali, è quello che ci ripetiamo ogni volta (prima di sbattercene altamente), è quello che abbiamo letto già alle scuole medie, quando ancora non cercavamo la saggezza nei post di Fedez, sta nella “Lettera al figlio” di Mark Twain: se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina, trattando allo stesso modo quei due impostori...


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