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I giudizi sulla strepitosa cavalcata degli azzurri, riusciti a portare il quarto scudetto all'ombra del Vesuvio (di Fabio Mandarini)

Conte (all.) 10 -  L’uomo della stella - 10 scudetti - e delle stelle ha compiuto forse il vero capolavoro della sua carriera: è arrivato camminando tra le macerie senza Osimhen e Zielinski, provando a convincere tanti giocatori in fuga. Poi, una volta conquistata equilibri e vetta, ha perso anche Kvara: mai sostituito. Da gennaio ha combattuto contro gli infortuni e da agosto ha cambiato cinque moduli. Tutto chiaro? Eppure ha vinto. E lo ha fatto creando una squadra vera e feroce, e insistendo su una fase difensiva stellare al cospetto di un attacco mai esplosivo: è un grande allenatore non a caso. Ha rilanciato Anguissa e Raspadori e ha portato McTominay a livelli mai visti liberando il suo calcio. E da Lukaku s’è preso anche l’ultima goccia di calcio.

Meret 8,5 - La mano destra dello scudetto 2023, la sinistra del titolo 2025. Ha cominciato il campionato in scadenza, lo ha vinto da svincolato: un merito in più. La prima parata davvero decisiva contro il Parma all’andata, poi il rigore bloccato a Gimenez contro il Milan. E in mezzo, la direzione autoritaria della difesa meno battuta d’Italia e a lungo d’Europa. Alex e i moschettieri.

Scuffet 7 - Una sola partita da gennaio, a Bologna, ma anche una parata decisiva su Holm a tempo scaduto: ha blindato un pareggio preziosissimo nello stadio dove anche l’Inter è crollata, tenendo in piedi le ambizioni scudetto. A volte bastano 90 minuti per meritare un 7 stagionale. 

Caprile (da gennaio al Cagliari) 6,5 - Tre partite e mezza (con la Juve a Torino) al posto di Meret, tre clean sheet.

Contini sv - Terzo portiere sempre presente però mai impegnato.

Turi sv - Il quarto guardiano con 11 panchine.

Di Lorenzo 9,5 - Giovanni alla destra di Diego: due scudetti da capitano del Napoli come Maradona, con la maglia numero 22 che richiama il bis dopo due anni. Di Lorenzo nel destino: in estate sembrava chiuso il suo ciclo e invece è rimasto e ha vinto ancora, trascinando la squadra con l’esempio e la forza. La qualità, la quantità e un lavoro pazzesco sulla fascia destra, il clou degli equilibri offensivi e difensivi del sistema. Sintetizza tutto: cervello, cuore, polmoni, muscoli. Testa altissima, capitano autentico, giocatore vero: 37 partite senza mai essere sostituito, una saltata per squalifica, 3 gol e 2 assist. Per fortuna del Napoli e della Nazionale, esistono atleti così rari.

Rrahmani 9,5 - Nel 2023 è stato ingiustamente oscurato da Kim, oggi è il vero leader della difesa. Un monumento. Esperienza, intelligenza, ferocia e applicazione tali da indurre Conte a definirlo così: un soldato e un computer. Unico della rosa a giocarle tutte, con un gol al Genoa: se non si fosse infortunato a Venezia, al 77’, sarebbe stato en plein di minuti.

Buongiorno 8,5 - Il piccolo Mostro del bis, nel solco di Minjae: esplosivo, un tormento, un leone marcatore che ha dilaniato gli avversari lottando anche contro la sfortuna. Tre infortuni da dicembre, 14 partite saltate più l’esordio a Verona. Ma le 22 che ha giocato, beh, sono state esaltanti. Con gol al Cagliari.

Juan Jesus 8 - Quando è uscito Buongiorno si diceva: «È finita». E invece Juan ha ricucito lo strappo con prestazioni di altissimo livello, sbucando dal dimenticatoio e riempiendo i vuoti nel momento clou della costruzione del trionfo: nella striscia di 6 vittorie in fila e 3 pareggi c’è anche il suo marchio. L’infortunio contro l’Empoli l’ha privato del gran finale.

Olivera 8 - Se Rrahmani è il soldato, lui è un Marine: a sinistra, creando una delle soluzioni chiave del gioco offensivo del Napoli, e per finire al centro. Da marcatore centrale in emergenza, come con la Celeste. Il rinnovo e la dichiarazione d’amore, «a vita», sono il coronamento della storia da due scudetti in due anni.

Spinazzola 8 - Uno dei simboli del trionfo. La trasfigurazione calcistica di Cinderella Man, al secolo James J. Braddock, pugile in caduta e poi campione del mondo: arriva a zero dalla Roma con la fama di un fragilino discontinuo e ne colleziona 27. Diciassette da titolare: terzino, esterno a tutta fascia e finanche nel tridente. Con un gol alla Roma, all’Olimpico, come un destro di Braddock.

Mazzocchi 7 - L’unico napoletano del Napoli, il cuore della città dentro la squadra. Il ragazzo di Ponticelli ce l’ha fatta: il passato lo ha forgiato nel fuoco e al resto ci ha pensato lui. Un simbolo, un esempio di coraggio e anima a gettone: lo chiami, te la regala. Non rende dire che la sua sia soltanto una favola: la sua è una storia da raccontare.

Rafa Marin 6 - Invisibile da agosto a febbraio, con valigia per la Spagna chiusa e disfatta in inverno: poi 5 minuti con la Lazio, 18 con l’Empoli e la prima da titolare a Monza. Ha firmato lo scudetto anche lui: vamos. 

Mario Rui sv - Il primo gennaio la rescissione dopo quattro mesi in tribuna.

Anguissa 9,5 - Hey, Frank: la stagione capolavoro. Il suo calcio è jazz: ritmo sincopato, pronuncia swing, improvvisazione da bomber a sorpresa con 6 gol pesantissimi come mai nella sua carriera. Incisivo sempre, decisivo spesso, l’uomo delle rimonte contro Parma e Juve. Ne ha combinate di cotte e crude, agli avversari: ha cambiato il suo modo di recitare da mezzala alzando il ritmo e il raggio della pressione, dedicandosi alla rifinitura e agli inserimenti. A tratti, sfruttando fisico e qualità, ha giocato da punta aggiunta. E sempre con quell’atteggiamento di superiorità calcistica che non è snobismo, ma Dna. Look ricercato, criniera rastafari, spirito indomabile. Una presenza fondamentale che ha riempito spazi e tempi di una squadra e di un ciclo che sono già passati alla storia.

Lobotka 8,5 - Secondo Oscar alla regia con due sceneggiature totalmente diverse: questa volta Lobo s’è trasformato ed evoluto, specializzandosi in costruzione più riconquiste e interdizione. Un lavoro pazzesco in fase difensiva e la visione panoramica ad autorizzare il titolo di professore del centrocampo. Non ha avuto i ritmi del 2023, però ha saputo adattarsi con intelligenza sopraffina e quella capacità rarissima di addormentare il gioco nei momenti peggiori. Fondamentale.

McTominay 10 - Il Premier del Napoli. Il segreto del successo dopo lo shock dell’addio di Kvara: centrocampista universale, atleticamente straripante e imprescindibile nelle due fasi. Ha fatto la mezzala, la punta, l’esterno, l’interdittore, il cannoniere: con 12 gol in campionato (record) e 4 assist ha coperto le lacune realizzative della squadra superando ogni limite. La palma di maratoneta del torneo è sua, il più grande collezionista di chilometri: è uno, sembrano due. Ha dettato l’aggancio e il sorpasso all’Inter, ha segnato a San Siro e a Bergamo. Decisivo: McT è l’uomo scudetto, il migliore. Ha lasciato lo United vincendo la scommessa e il suo primo campionato. Mvp della Serie A.

Gilmour 7,5 - Il giovanotto scozzese, 23 anni indossati con l’aplomb di un veterano e le zanne del bulldog come impone la Premier che conta, ha sostituito o affiancato Lobo nelle giornate da doppio play dedicandosi ad accendere il gioco in verticale, toccando innumerevoli palloni e prendendosi enormi responsabilità nelle scelte. Più rapido che gestore, meno qualità ma più dinamismo: l’altro modo efficace di gestire un ciak. Preziosissimo anche in fase difensiva.

Billing 7 - Vale il discorso di Scuffet: il voto è tutto per quel gol all’Inter, 1-1 e scudetto al centro, che ha riacceso la vita azzurra. Applicazione Premier e muscoli al servizio del gruppo da gennaio.

Zerbin (da gennaio al Venezia) sv - Due minuti in due partite.

Politano 9 - L’alter ego di McT. L’altro modo di essere chiave tattica: se il Napoli di Conte è riuscito a difendere a cinque anche con il 4-3-3 è stato solo per il sacrificio straordinario del suo esterno destro d’attacco. L’equilibratore: lavoro incredibile a tutta fascia, anima e cuore sprigionando ossigeno e pulsando sangue in due fasi. A 31 anni (quasi 32) ha lavorato come un giovane mediano, con l’umiltà dei grandi. Pochi gol per un attaccante? Tre in totale, con 4 assist. Ma senza di lui non sarebbe arrivato questo scudetto.

Lukaku 9 - I gol e gli assist - principe del campionato - sintetizzano l’evoluzione di Big Rom a 32 anni: meno profondità, più lavoro sporco da centroboa e tantissima rifinitura di qualità. Ha spazzato via gli scettici segnando gol decisivi negli scontri diretti con Milan, Juve e Atalanta, mettendosi sempre ai piedi del gruppo con entusiasmo e umiltà. Da campione. D’Italia: secondo scudetto e sempre con Conte. Il trionfo del tandem.

Raspadori 9 - Jack lo squartatore di scudetti. Il secondo in due anni è più suo, ci sono dentro il talento e la fame, l’istinto da attaccante vero. Innescato quando Conte lo ha schierato come gli piace, com’è giusto che sia. Al ritorno, dopo aver sfiorato l’addio, ha segnato 5 gol decisivi, decidendo a Monza e a Lecce con McT: nella sua dimensione naturale di punta è stato fondamentale. Aveva ragione Raspa.

Neres 8 - La fantasia, l’istinto, la ginga del brasiliano nello sconcerto dell’addio di Kvaratskhelia: arriva David e il Napoli vola. Da Udine all’Udinese ha trascinato la squadra determinando in prima persona le 7 vittorie e i 2 pareggi in serie: il vero vice Kvara. Poi, ha pagato gli infortuni. Sì. Ma quando s’è acceso ha distribuito assist (4), provocato autogol, seminato pericoli e segnato un paio gol. Il rimpianto? Con la continuità avrebbe collezionato ben altri numeri. Ma è bastato.

Kvaratskhelia (da gennaio al Psg) 7 - Mezzo scudetto e mezza Ligue 1 con il Psg, in attesa della finale di Champions: c’è anche la firma di Kvara in calce al bis. Da agosto a dicembre, realizzando 5 gol prima di dire adieu. Decisivo quello di San Siro al Milan: fu quella notte che il Napoli cominciò a sentirsi forte.

Simeone 6 - Un solo gol, meno spazio del solito dal 1’ ma tanta voglia in tutti i finali di battaglia.

Ngonge 6 - Titolare con il Lecce all’andata, poi sempre in corsa. Con orgoglio. 

Okafor sv - Numericamente sostituto di Kvara, realmente mai entrato nelle rotazioni.

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