Vezzali, l’extraterrestre

Sei ori alle Olimpiadi e 16 titoli mondiali: è diventata da baby la regina del fioretto e la più grande di sempre
Vezzali, l’extraterrestre
Valeria Ancione
8 min

Con la maschera, la corazzetta, il guanto e l’arma – un fioretto che non profuma ma punge – Valentina credeva di avere i superpoteri e «impegnandomi e vincendo nella scherma lui si sarebbe salvato». Tuttavia lui, Lauro Vezzali, si arrendeva alla malattia e la giovane e combattiva figlia registrava quella caduta degli dei come «la sconfitta più grande della mia vita». Valentina Vezzali aveva quindici anni quando scopriva che i suoi superpoteri non sconfiggevano le malattie e soprattutto la morte ma le sarebbero serviti per infilzare la vita e diventare un mito. Così, pochi giorni dopo la scomparsa del papà, invece di farsi battere dal dolore andava a conquistare un otto a scuola e l’oro ai Mondiali cadetti, perseverando nella strada tracciata a dieci anni quando vincendo le Prime Lame il papà l’aveva sollevata al cielo facendola volteggiare: vittoria dunque significava volare. E a volare ci ha preso gusto benché fosse un volo con i piedi a terra e lo sguardo al cielo, senza più Lauro a tirarla in aria. Dietro a maschera e imbracatura, che nascondono la persona ed esaltano l’atleta, si è celata per trentasei anni una ragazzina determinata, diventata donna di stoccata in stoccata.

Vezzali, non solo Cobra

La chiamavano Killer, Crudelia, Cannibale e soprattutto Cobra: vinceva sempre lei, toglieva la scena ai comuni mortali e una così non può risultare simpatica. «Mi definivano senza cuore e anima, distaccata con le compagne. Da ragazzina non parlavo con nessuno, perché diventare amica di un’avversaria poteva condizionarmi nell’assalto. Mi hanno visto come un’aliena, una extraterrestre, ma ero una che rispettava le compagne e lavorava. Dietro di me c’erano quelle che mi volevano scalzare, cresciute in un certo modo però, anche grazie alla mia presenza. Io non solo volevo vincere, volevo essere la migliore. Un obiettivo dietro l’altro. Non mi sono mai accontentata». Amici mai, o amici dopo semmai, una regola simile a quella che si era dato un altro “mostro” dello sport, Novak Djokovic, nei confronti di Nadal e Federer, i suoi due principali rivali, quelli da superare. Infinita, Valentina la maschera se l’è tolta a 42 anni, era il 2016, scrivendo una lettera di fine carriera dedicata a chi l’ha amata e sostenuta, ma anche a chi non l’ha capita o ne ha subito lo strapotere e forse l’ha mal sopportata («le mie compagne saranno contente, perché c’è più spazio, ma sono sicura che mancherò»).

Vezzali, regina dei numeri

Una così ogni quanti anni nasce? A Jesi, culla dei fenomeni della scherma, si aspetta un’altra Vezzali, costola immaginifica di Giovanna Trillini che aveva preso a modello non per emularla ma per superarla, come ha fatto in finale ad Atene 2004, riuscendo nell’impresa del secondo oro olimpico consecutivo. E il testimone era definitivamente passato. Vezzali ha registrato record, medaglie, riconoscimenti, onorificenze, come nessun atleta uomo o donna in Italia, ha fatto. Regina delle Olimpiadi con sei medaglie d’oro di cui tre individuali e anche una d’argento e due di bronzo; 16 titoli mondiali, record nel fioretto femminile, in un totale di 26 medaglie; tredici volte campionessa europea e otto medaglie tra argento e bronzo; ha vinto anche cinque Universiadi, due Giochi del Mediterraneo, quattro Giochi Militari e trenta volte è stata campionessa d’Italia. Questi sono numeri non presupponenza.

Vezzali, si può fare

Ma, chiamatela Vale questa bionda con gli occhi azzurri e un sorriso invadente, esile e mai sazia che ha battuto tutti. Chiamatela Vale, questo genere di donna che ha mostrato agli uomini la misura della superiorità, altroché, e alle donne stesse il “si può fare”, tornando a vincere un mondiale a quattro mesi dalla nascita del primo figlio, Pietro, con otto chili in più, rimasti dei venti presi in gravidanza, e senza mai smettere di allattare: «la cosa più bella che c’è». Sua mamma teneva Pietro dietro le quinte, avvertendola quando il bambino reclamava la poppata («interrompevo, allattavo e tornavo ad alle-narmi. Una donna ha diritto di scegliere cosa fare della propria vita e di dimostrare in campo di essere ancora brava nonostante la maternità»). Alla madre deve tanto («motore di tutto, forte ed energica, mi ha insegnato a non mollare mai»), sempre in prima fila, specie da quando il padre ha lasciato sole moglie e figlia, perché le due sorelle più grandi di Valentina erano già fuori casa. A 38 anni l’ultima Olimpiade, Londra 2012, a mani vuote manco a parlarne: un bronzo da portabandiera. «È stato un onore, il massimo riconoscimento. Sono patriottica, l’inno si dovrebbe imparare in culla, Pietro a tre anni lo conosceva, l’ho portato con me sul podio». E se con Pietro si era presa l’oro a Lipsia 2005, a Budapest 2013, a soli tre mesi dalla nascita di Andrea, il secondogenito, a 39 anni, l’oro lo vinceva a squadre. La maschera finale l’ha indossata ai Mondiali di Rio de Janeiro 2016, da dove è tornata con un’altra medaglia. Ad aprile di quell’anno ha consegnato la lettera di dimissioni da extraterrestre. La fame però non era finita e la direzionava altrove.

Sotto la maschera, Vale

Spogliata della maschera, c’è la Vale che non si nasconde, che considera la famiglia la cosa più importante, che racconta l’amore con amore nonostante la separazione da Mimmo Giugliano, il marito conosciuto grazie allo sport: lui calciatore lei schermitrice, durante le Universiadi, in una notte spesa a parlare fino all’alba, «come mai più è successo», a conoscersi e innamorarsi pazzamente. Poi il “per sempre” si è trasformato in una nuova direzione, senza rancore, nel segno del cambiamento e non del fallimento. Vezzali, oggi cinquantunenne, è altro oltre le medaglie: tifa Inter, è entrata in politica, è stata Sottosegretaria di Stato con delega allo sport nel governo Draghi, proprio mentre il suo concittadino, Roberto Mancini, vinceva da ct gli Europei di calcio nel 2021; ha scritto due biografie, ma si è misurata anche con la danza a “Ballando con le stelle”, con i tacchi e con l’avventura a “L’isola dei famosi”. Dove può sperimenta, si mette in gioco e non si ferma mai, perché un obiettivo ne tira sempre un altro. Tempo, velocità, misura sono state le regole che l’hanno accompagnata nella vita, non solo nella scherma. Chiamatela Vale, una donna, una persona, non un’aliena, quella dei superpoteri che non hanno salvato il padre ma che in punta di fioretto le hanno permesso di graffiare la vita e ragalarsi alla storia e al mondo come la più grande e per ora irripetibile Valentina Vezzali.


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