Atletica, da Jacobs a Stano: l’Italia si scopre ottimista

Dopo le delusioni del Mondiale di Eugene, gli azzurri iniziano i campionati con un mega team (98 atleti) e con nuove speranze Anche se il confronto con il nuoto sarà improponibile...
Atletica, da Jacobs a Stano: l’Italia si scopre ottimista© ANSA
Franco Fava
4 min

MONACO - Fa un po’ strano rituffarsi mezzo secolo dopo i Giochi Olimpici di Monaco 1972, quelli macchiati dal sangue per l’assalto di Settembre Nero alla palazzina della squadra israeliana, e farsi contagiare dalle atmosfere euforiche di bambini e genitori che, tra boccali e salsicciotti tra i viali e i laghetti dell’immutato OlympiaPark, incoraggiano esausti trathleti alle ultime falcate. Di quella tragedia è rimasto solo l’imbarazzo. Che neppure questa rassegna europea multidisciplinare riesce a spazzar via. Dalla pista e dalla piscina di Monaco 72 riemergono lontani ricordi che hanno segnato la storia dello sport azzurro: il primo podio di un giovane Mennea e la prima medaglia olimpica in assoluto del nuoto italiano di una giovanissima Novella Calligaris.

Regina

Da oggi si fa sul serio: l’atletica torna regina a Monaco dopo l’edizione continentale del 2002. Vabbè, siamo solo in Europa e la concorrenza non è quella dei Mondiali di un mese fa a Eugene, da cui siamo reduci col magro bottino di un oro con Stano nei 35 km di marcia e un argento con Elena Vallortigara nell’alto solo un anno dopo i fasti olimpici di Tokyo. Eppure questi Europei per la nostra atletica sono improntati all’ottimismo. Al netto degli azzardi di Stefano Mei, molti indizi fanno ipotizzare un bottino record di medaglie, tanto da superare le 12 del lontano 1990, quando a Spalato finimmo sulla scia di Germania Est, Gran Bretagna e Unione Sovietica.

Mega team

Nel mega team di 98 azzurri (assistiti da 50 tecnici), almeno una dozzina occupa le prime posizioni del ranking continentale. E la concorrenza è quella che è: a Eugene l’Europa ha visto quasi dimezzata la sua dote di medaglie. Pur con il netto calo dei podi l’atletica azzurra uscita da Eugene è più coesa, determinata e soprattutto più giovane. Le guide spirituali e agonistiche sono Marcell Jacobs, Gimbo Tamberi e Massimo Stano in primis, ma è la crescita tecnica e culturale (basta sentir parlare la star del martello Sara Fantini per rendersene conto) di una squadra in cui nessuno si sente più nel ruolo di “seconda schiera”. L’ottimismo è cresciuto nelle ultime ore con l’uscita dal tunnel degli infortuni di Jacobs. Il bi-campione olimpico è esentato dalle batterie dei 100 in programma stamane. Con Ali andrà direttamente ai blocchi domani nelle semifinali delle 20.05. Due ore e 10’ minuti dopo c’è la finale.

Sorriso

Meglio di Jacobs (10”04 in batteria a Eugene) hanno fatto quest’anno solo i britannici Prescod e Hughes e il francese Zeze. Ma anche qui a pesare è un altro indizio: il ritrovato sorriso di Marcell è sinonimo della riconquistata integrità fisica. L’ultimo e unico oro continentale sui 100 è quello di Mennea a Praga 1978, quando il barlettano centrò il bis nei 200. Anche in chiave staffetta, la condizione di Jacobs è di conforto alla 4x100 alle prese con il rebus Desalu-Tortu: entrambi impegnati nei 200, la cui finale venerdì coincide con le batterie della staffetta. Anche perché, dopo i recenti progressi cronometrici sul mezzo giro, Tortu non nasconde l’ambizione di contendere l’oro all’israeliano Afrifah e al francese Zeze. Tamberi, dopo il 4° posto iridato ha dovuto lottare anche contro il Covid. Ma è campione di resilienza e otto giorni fa in Polonia con 2,24 si è lasciato alle spalle Protshenko: a Eugene gli aveva sfilato il bronzo. Nella 20 km di marcia, Stano insegue la storica tripletta Olimpiade-Mondiale-Europeo riuscita solo ad Alberto Cova (1982-84) , stavolta nel solo spazio di due anni. Comunque vada da qui a domenica il confronto con il bottino del nuoto sarà sempre improponibile. Ma...


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