I segreti di Dessi, marito e coach di Palmisano: "Allenarla scelta naturale"

"I tempi erano giusti, siamo contenti. È come se un tecnico di calcio passasse dalla squadra provinciale al Real Madrid. Sfida importante"
I segreti di Dessi, marito e coach di Palmisano: "Allenarla scelta naturale"© Getty Images for World Athletics
Giorgio Burreddu
4 min

L’altro giorno è arrivata con quattro minuti di ritardo. Un’inezia. Ma, si sa, le regole sono regole. «Antone’, guarda che qui sono io l’allenatore». Lei lo ha guardato senza protestare: «Ok coach», ha risposto. Con Lorenzo Dessi non ci sono luoghi comuni. Essere marito di Antonella Palmisano, campionessa di tutto, faccia pulita e bella dell’atletica azzurra e mondiale, non sposta nulla nel suo ruolo di allenatore. Un ruolo nuovo, difficile, che da poco più di un mese ha rimodulato le loro vite.  
«Ci siamo detti subito: va bene, dobbiamo distinguere le parti. Ci sono il marito e la moglie. E ci sono l’allenatore e l’atleta». Sta funzionando. Non è scontato. Lo sport non è nuovo a questi intrecci. Tamberi e il padre, Howe e la madre. Molti finiti nel dimenticatoio, altri agli stracci. Altri ancora bagnati di euforia. «Bisogna rispettare i ruoli - racconta Dessi -, senza confondere quello sportivo con quello sentimentale. Ma diventare il suo allenatore è sembrata la cosa più naturale del mondo».  
 
Che effetto le fa? 
«È bello. È una sfida importante. Chi non vorrebbe allenare un campione olimpico? Però è un po’ come se alleni una squadra di calcio provinciale e a un certo punto ti dicono: vai ad allenare il Real Madrid. Per me i tempi erano giusti, siamo contenti».  
 
Bisogna essere comprensivi o non troppo? 
«Varia da periodo a periodo. Ora siamo alla ricerca della serenità. Valuto se devo essere rompiscatole, magari più avanti. E comunque per me il rapporto è un binomio, siamo su un binario: dobbiamo viaggiare insieme». 
 
La conoscenza di Antonella ha facilitato degli aspetti? 
«Sì, mi sento avvantaggiato, conosco la storia dell’atleta e le sue problematiche. Nell’aspetto tecnico so cosa potrebbe farle bene in questo periodo rispetto ad altri».  
 
La scelta come è maturata? 
«Antonella diceva: “Voglio trovare la soluzione più tranquilla per affrontare al meglio questi mesi”. E la scelta è ricaduta su di me. D’altra parte, provare altre soluzioni in dieci mesi, quelli che mancano all’Olimpiade, non è facile. I tempi erano stretti. Mi ha chiesto: “Mi alleni?”. Va bene. Se devo dirla tutta, ancora non me ne rendo conto. Non ho metabolizzato».  
 
Come vi siete incontrati? 
«Ci siamo conosciuti tramite i raduni della Nazionale: lei atleta affermata, io di medio livello. Facevamo i raduni, tra uno scherzo e l’altro è nata una storia». 
 
La prima cosa che l’ha colpita? 
«La semplicità, il come si pone, il suo modo di essere. Io ero sempre un po’ quello con la battuta pronta, tra i due. Lei si metteva a ridere e mi faceva impazzire. La sua purezza mi ha sempre fatto questo effetto». 

Vi divertite anche in pista? 
«Questa è l’arma in più. Dobbiamo fare le cose con professionalità, è ovvio. Ma serve anche tranquillità. E divertimento. Io alleno i giovani, da loro ho imparato che ci vuole un po’ di spensieratezza. I ragazzi di sedici anni possono insegnarti tanto. Ti fanno respirare un po’ di ingenuità. A volte ci alleniamo con loro». 
 
Per i ragazzi deve essere l’apoteosi. 
«A loro ho detto: “Vi porto un campione olimpico”. Sono rimasti a bocca aperta. Sorpresi. Anche quelli meno sul pezzo l’hanno vista come una divinità. Antonella è stata come sempre fantastica: “Se volete consigli ci sono”, ha detto».  
 
Domanda scontata: obiettivo Parigi?  
«Quello che può fare Antonella adesso è lavorare serenamente, ma certo gli obiettivi principali sono Parigi: la 20 chilometri e poi la staffetta mista di marcia. Quelle due gare sono la priorità. In mezzo c’è la coppa del mondo per la staffetta in Turchia. E ovviamente gli Europei a Roma. Antonella potrà dire la sua».  
 
Insieme, la gioia si raddoppia e la delusione si dimezza? 
«Ogni gara di Antonella che vedo, dal minuto uno all’ultimo sto con il cuore in gola. Si soffre e si gioisce sempre insieme. Però con questo nuovo incarico, oltre al ruolo da tifoso, sentirò altro: le emozioni me le godo ancora di più». 


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