Jacobs e Tamberi, un esempio per noi runner

Marcell Jacobs e Gainmarco Tamberi i nuovi campioni olimpionici hanno tanto in comune con il popolo dei runner. Perchè i sogni si possono realizzare
Jacobs e Tamberi, un esempio per noi runner© Giancarlo Colombo FIdal
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Bisogna crederci, sempre. Anche quando il sogno sembra impossibile, lontano, irraggiungibile. E’ questo quello che ci lasciano in eredità Marcell Jacobs, l’oro olimpico nei 100 metri, il dopo Bolt e Gianmarco Tamberi, l’uomo volante, colui che sfida la gravità, colui che ogni salto è quasi come saltasse la traversa di una porta di calcio.

Due ragazzi d’oro che ci hanno dato una bella lezione a noi maratoneti della domenica, noi che viviamo di sogni, di speranze, di paure, di gioie, di fatiche e sacrifici per conquistare i fatidici 42,195km. Che poi la ‘distanza olimpica di maratona’ è la gara (marcia 50km esclusa) di corsa più lunga, in contrapposizione ai 100 metri, la più corta e veloce. Ma tanti sono i punti in comune, la strada per la vittoria, ad ogni livello è sempre la stessa.

LA PREPARAZIONE - Anche la volata sul rettilineo del gardesano Jacobs è partita mesi e mesi fa, con una preparazione di avvicinamento durata mesi e mesi, proprio come fa un maratoneta, con diverse gare a testare la condizione, con allenamenti quotidiani, con nella testa l’obiettivo che a volte sembrava vicino e possibile, altre volte imprendibile. Ha vissuto splendidi giorni in questa preparazione, ma come tutti ha avuto dubbi, ha avuto piccoli infortuni, ma si è rialzato, è ripartito e ci ha creduto.

La favola a lieto fine del saltatore Tamberi è unica. E’ partito dal basso, dal sottozero, da un infortunio maledetto che gli aveva tolto ciò che sembrava scritto e sicuro: l’oro olimpico a Rio 2016. In questi cinque anni ha sofferto, ha pianto, ha maledetto il mondo, ma dentro aveva solo una certezza, la conquista della medaglia d’oro a Tokyo 2020. Quanti di noi partono dallo zero assoluto, dal sovrappeso, da un infortunio dal ‘non ce la farò mai’, dal ‘per me è impossibile’. Eppure si può fare. Eppure ha dimostrato a tutti noi che le belle favole esistono, che il destino possiamo sceglierlo, segnarlo, scriverlo noi.

Il sogno è la chiave di tutto, il crederci sempre è il carburante per arrivare fino in fondo, ognuno verso il proprio obiettivo, non importa se un fotofinish dopo 9”80, un’asticella a 2,37m oppure un traguardo dopo 42km sui Fori Imperiali dopo aver attraversato Roma, oppure al Central Park a New York, i campi elisi e l’arco di Trionfo a Parigi o chissà quale piazza di quale città sparsa per il mondo.

LA MEDAGLIA - Che emozione il doppio inno di Mameli suonato nell’immenso stadio vuoto di Tokyo, che emozione le medaglie al collo delle due nuove star mondiali. Già la medaglia, altro punto in comune. Tamberi e Jacobs ne hanno una d’oro tutta loro, ma anche i maratoneti ne hanno una, da lucidare, da guardare, da mostrare agli amici, da conservare nel cassetto, sì lo stesso cassetto che prima conteneva un sogno. Nel tempo le medaglie diventano 10, 100, ognuna è importante, ognuna evoca ricordi e racconta una storia.

AMICIZIA - E poi c’è l’amicizia, il condividere con qualcuno la sfida, la vittoria, la medaglia. Tamberi ha diviso il podio con il qatarino Barshim, rivale e amico, molto più amico che rivale. Hanno fatto lo stesso percorso, partiti entrambi da un gravissimo e simile infortunio, uno di quelli che ti insinua dubbi nella mente, che ti blocca, che ti fa star male dentro. Sono arrivati insieme al traguardo, lo stesso traguardo, lo stesso risultato.  Proprio come noi maratoneti, che condividiamo allenamenti insieme ai nostri compagni di squadra, viaggiamo assieme, partiamo assieme al colpo di pistola e poi piangiamo al traguardo, ci abbracciamo.

Cosa manca ora? Tra pochi giorni c’è la maratona olimpica, ben due volte gli azzurri sono stati campioni. Parliamo del 1988 con Gelindo Bordin a Seoul e di Stefano Baldini ‘re di maratona’ ad Atene, in Grecia, dove tutto iniziò millenni fa e con le Olimpiadi moderne nel 1896. Tre alfieri azzurri (Rachik, Faniel e El Fathoui) e una ragazza, la carabiniera Giovanna Epis, ci proveranno. Il sogno, chissà…ancora una volta potrebbe diventare realtà.


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