Il Coronavirus e il contagio nell'aria: ecco la verità secondo gli scenziati

Il dibattito aperto dopo la scoperta di campioni d’aria raccolti a oltre 1,8 metri di distanza dai pazienti da studiosi statunitensi
Il Coronavirus e il contagio nell'aria: ecco la verità secondo gli scenziati
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ROMA - Il contagio del coronavirus può avvenire anche per via aerea? Il dibattito si è aperto di recente, con la lettera inviata dall’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti al capo delle politiche scientifiche della Casa Bianca. All'interno di questa, infatti, viene riferito che il virus Sars-Cov-2 è stato trovato in campioni d’aria raccolti a oltre 1,8 metri di distanza dai pazienti: "La ricerca dimostra che anche le gocce aerosolizzate prodotte parlando o forse anche solo respirando possono diffondere il virus". Anche in questa ricerca scientifica viene sottolineato come la prima forma di contagio sia il contatto diretto e prolungato della persona che emette i "droplets" (cioè delle goccioline superiori al millimetro) attraverso principalmente tosse e startnuti, ma viene altresì spiegato che il virus possa restare sospeso in particelle ultrafini prodotte con il respiro, rendendo di conseguenza la protezione molto più difficile.

Coronavirus nell'aria? Il dibattito è aperto

Da parte degli esperti, però, sono arrivate delle rassicurazioni in tal senso con tanto di invito a evitare allarmismi: il virus effettivamente può essere presente nell'aria, ma nella maggior parte dei casi in una forma tale da non avere una carica infettante. Il pericolo che possa essere trasmesso anche per via aerea è fino a questo momento ridotto ad alcune situazioni ben definite, cioè quelle di contesti ospedalieri. Viene quindi esclusa la possibilità che il Covid-19 possa essere contratto all'aperto e anche negli ambienti chiusi il problema non si pone quando si mantenengono le distanze di sicurezza e le stanze sono ben arieggiate e frequentemente disinfettate.


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