Balata: Riforme subito. La B a 22 non torna

Il presidente della Lega B in redazione. Un'ora di dibattito serrato tra bilanci del primo anno alla guida dei cadetti e il futuro: «La B a 22? Indietro non si torna. L'obiettivo deve essere quello di ridurre il numero delle società professionistiche. Basta fallimenti. Il sistema non regge più. Poi bisogna aumentare le risorse non solo attraverso la crescita dei fatturati. Serve una più riequilibrata ripartizione finanziaria dei proventi tra le componenti. La mission del nostro campionato? Allevare i talenti italiani. Giustizia? Regole e tempi certi e un limite ai mandati.
Balata: Riforme subito. La B a 22 non torna© Bartoletti
di Tullio Calzone
12 min

ROMA - Reduce da una visita prenatalizia in Vaticano al cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, il presidente della Lega Serie B Mauro Balata usa toni ecumenici e conciliativi, ma ricchi di auspici per il futuro del nostro movimento calcistico non solo dei club che rappresenta. «Ho ricevuto da sua eccellenza un incoraggiamento a insistere sul rispetto e sull’etica, valori che sto mettendo in campo dal primo giorno in cui ho accettato l’incarico di guidare le società cadette. Un impegno duro ma che porto avanti con grande passione perché il lavoro da fare è enorme e dobbiamo sostenerlo tutti insieme». Parte così  il forum in Redazione al Corriere dello Sport-Stadio a Roma del massimo dirigente della Serie B. Oltre un’ora intensa di analisi e proposte, di spiegazioni dettagliate anche per evitare possibili fraintendimenti che gli interessi, prima ancora che i temi sul tavolo, potrebbero generare. Il riferimento non è solo all’estate della “deriva giudiziaria” che ha rischiato di travolgere il campionato cadetto e la C dopo una serie di cavillose contrapposizioni giuridiche e di nodi puntualmente arrivati al pettine. «Il calcio italiano ha bisogno di riforme non più rinviabili. Il problema dei format non è l’unico, c’è il tema di una ripartizione più equa delle risorse fra le varie componenti e quello di infrastrutture moderne in cui far crescere i nostri talenti e rafforzare il brand di un torneo tra i più belli e popolari del nostro sistema e che tocca milioni di tifosi in Italia. La necessità di una governabilità autorevole dell’intero movimento ha già prodotto una Commissione Governance perché il calcio è il quarto o il quinto asset del Paese e non può essere sottovalutato se non vogliamo destinare tutto alla irrilevanza anche in campo internazionale. Bisogna fare in fretta». E’ l’allarme lanciato da Balata che risponde con puntualità alle nostre domande anche quando viene sollecitato relativamente al contributo da dare alla mission del nuovo presidente federale Gabriele Gravina, peraltro sostenuto nell’Assemblea elettiva dello scorso 22 ottobre  con l’impegno di procedere speditamente sul riformismo.

 

Presidente Balata, i problemi del calcio italiano restano intatti e tutti da risolvere. Dopo aver dato il suo contributo all’elezione di Gravina a presidente della Figc sembrano riemergere visioni differenti quanto meno sulla riforma dei format. Ci spiega qual è la sua posizione e delle società che rappresenta?

«Iniziamo col dire che non ci sono contrapposizioni, ma c’è un’esigenza e una consapevolezza unica da parte di tutte le componenti. Anche il presidente Gravina, nei confronti del quale nutro grande fiducia dopo averne condiviso il programma elettorale, insiste sul fatto che si debba andare speditamente verso riforme non più rinviabili. Sui criteri economico-finanziari delle società è stato fatto un passo avanti con provvedimenti già varati. La modifica dei format dei campionati è stata affidata a una Commissione specifica istituita dalla Figc. Noi come B abbiamo già fissato un’Assemblea nella quale specificheremo la nostra posizione e la presenteremo poi in Consiglio Federale. Per il momento, posso dire che è condivisa la necessità di rivedere alcune norme che consentano a tutti di risolvere problematiche comuni. A noi interessa che questo processo abbia come obiettivo la riduzione delle società professionistiche. C’è poi bisogno di più risorse. Noi pensiamo che in B debbano esserci meno partecipanti anche per questa ragione. Ormai sono sotto gli occhi di tutti le tante criticità reiterate e rilevanti. Come s’interviene per rendere il torneo più sostenibile e più bello? Riducendo il numero delle partecipanti. Gli effetti benefici di questo sono, tra l’altro, sotto gli occhi di tutti perché la B è più contendibile ed equilibrata e questo fa bene allo spettacolo come confermano i dati sugli abbonamenti, mentre anche da quelli imminenti degli ascolti tv ci saranno positive sorprese. Inoltre, di fronte a grandi città che venivano espulse per fallimenti e dinanzi a contenziosi sui ripescaggi abbiamo dovuto salvaguardare le restanti società e abbiamo chiesto alla Federcalcio di intervenire. Da qui la decisione del Commissario straordinario Fabbricini di avviare una B a 19. Adesso c’è un nuovo presidente Federale che è motivatissimo a riformare il nostro calcio. Lavoriamo insieme per farlo. Ma indietro non è possibile tornare».

Questa ipotesi avanzata dal presidente Gravina di una Serie A a 20, una Serie B a 20 e una Lega Pro a 40 con l’introduzione del semiprofessionismo con sgravi fiscali la convince?

«L’Assemblea della Lega di B esprimerà qual è la nostra posizione, partendo dalla necessità condivisa di procedere in questa direzione di riduzione del format. Il nostro obiettivo è la crescita anche dei nostri giovani che in B hanno sempre trovato il luogo ideale per esprimersi come dimostrano i tanti elementi della Nazionale maggiore per non dire della Under 21. Bisogna alzare l’attenzione sui talenti italiani e quale palestra migliore del nostro campionato? Le nostre società hanno strutturato settori giovanili importantissimi».

Presidente quali sono le tre cose per consentire alla B un salto di qualità definitivo?

«Innanzi tutto format e risorse. Basta chiacchiere. Vogliamo crescere dal punto di vista del riconoscimento da parte del sistema della missione che portiamo avanti sui giovani. I nostri talenti sono in grande percentuale italiani e questo va valutato non semplicemente in un ottica contraria agli stranieri. Poi vogliamo sviluppare il nostro brand per aumentare ancora di più la nostra presenza sul territorio e per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto del sistema. In questo senso non possiamo prescindere da una sinergia programmatica con la Serie A. Ma senza visioni assistenzialistiche. Magari utilizzando dei modelli come quello tedesco o di altri sistemi europei che hanno una regolamentazione delle risorse molto più equilibrata. L’obiettivo comune deve essere quello di far lievitare i fatturati globali perché solo così si possono distribuire maggiori risorse anche a chi sta alla base. Infine c’è anche un quarto punto che riguarda la legalità. Bisogna rafforzare i presidi. E temo non basti una riforma dall’interno del sistema. Esistono dei protocolli e delle convenzioni che vanno riprese e sviluppate  col Ministero dell’Interno. Bisogna tutelare tutta l’imprenditoria sana che fa calcio. Ed escludere chi viene senza nessuna possibilità di investire». 

 Una crescita che riguarda anche il pubblico, considerando i dati forniti dalle società con abbonamenti in aumento nonostante la riduzione del numero delle società. 

«Servono passione, collegamento con il territorio, certezze normative. Bisogna intercettare l’entusiasmo della gente che è la nostra vera forza. Essere dentro il territorio».

Invece con il Var a che punto siamo? Lei pensa che ci possa essere una strada per accelerare i tempi e non restare indietro?

«Noi abbiamo già degli studi in atto su questa materia. Ma ci sono dei costi da sostenere anche per via dell’inadeguatezza dei nostri impianti e questo è un altro tema da affrontare. Noi stiamo studiando il modo di introdurre stabilmente più tecnologie nei nostri stadi. Con il presidente dell’Aia Nicchi ci stiamo confrontando costantemente su questi temi per sviluppare una visione comune. Ma c’è anche un discorso regolamentare. Se dipendesse da me introdurrei subito il Var».

 L’esperienza di B Futura non si è esaurita ha solo preso strade diverse?

«La Lega di B ha deciso di interiorizzare le risorse che venivano utilizzate su quella piattaforma. Vogliamo destinare più energie a chi investe nell’ammodernamento delle proprie strutture. Ma serve un sistema che comprenda i nostri sforzi e ci sostenga».

 Un problema serio lo pongono i club che salgono dalla C in B con impianti inadeguati. Cosa fare?

«Una volta gli impianti erano di natura pubblica. Ristrutturare stadi o impiantistica sportiva dove mancano risorse è un problema quasi impossibile da risolvere. O arriva il privato oppure non si fa niente. Non bisogna reiterare gli errori del passato quando abbiamo fatto grandissimi investimenti sugli stadi mentre il calcio mondiale andava verso i diritti tv».

Ritiene che il paracadute dato a chi retrocede dalla A generi delle sperequazioni?

«Io sono stato contrario a questo istituto. Stiamo dibattendo in Lega, alcune società insistono sul fatto che portarsi dietro gli oneri finanziari della A a volte è insostenibile. Bisogna fare dei ragionamenti anche contrattuali parametrati alla categoria in cui si gioca. Altrimenti ci sono esposizioni senza le risorse adeguate. Con il presidente Gravina ci confrontiamo su questi e altri temi che in tanti avevano immaginato si potessero risolvere con il commissariamento». 

La Governabilità del sistema è un tema di grande attualità. E’ così?

«Certamente. Arrivare a fare delle scelte per rendere più moderno il nostro sistema e riguadagnare posizioni non solo per quanto riguarda l’impiantistica. E’ il momento di fare delle scelte. Perché il calcio ha una dimensione sociale ma anche industriale essendo il quarto o il quinto asset del Paese. In A, in B o in C ormai le società hanno dimensioni aziendali con tesserati e dipendenti che se un club fallisce perdono il lavoro».

Valorizzare il brand di B può prescindere da appuntamenti internazionali per la Rappresentativa?

«Io credo che prima dobbiamo risolvere i nostri problemi strutturali, con afflusso di risorse più adeguate e di tutela degli imprenditori delle nostre categorie e poi pensare al resto. Esistono delle priorità».

La priorità secondo Balata qual è in questo momento?

«La riforma dei campionati. Il processo avviato la scorsa estate per una necessità evidente è un processo irreversibile. Vedere il Bari uscire dal nostro sistema professionistico in quel modo è stato davvero incredibile oltre che doloroso».

 Il momento emblematico della sua esperienza alla guida della Serie B qual è stato?

«Molto probabilmente proprio oggi. Perché sono stato dal Cardinale Angelo Comastri che mi ha incoraggiato ed esortato a proseguire in questo percorso di sostegno a quelli che sono i valori dell’etica sportiva. Il messaggio che noi dobbiamo dare ai nostri giovani è che il calcio deve sempre essere improntato al rispetto per l’arbitro, gli avversari, i dirigenti e trasferire tutto ciò alle famiglie. Le nostre società sono impegnate anche in questa opera di formazione e lo fanno gratuitamente. Abbiamo fatto una grande campagna di responsabilità sociale anche a favore delle donne e contro la violenza che subiscono. Abbiamo dedicato una giornata contro i femminicidi. Siamo impegnati nel sociale attraverso iniziative a favore dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, dell’Istituto Giannina Gaslini di Genoa e del Meyer di Firenze. Il calcio ha una valenza sociale dalla quale non si può prescindere. E non solo a Natale».


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