«Perché lei non sa che io sono pazzo. L’altra sera ho rivisto la finale di Atene 2007 sentendo al telefono Dida, Oddo, Costacurta, Maldini, Gattuso, Ambrosini, Pirlo, Kakà e Inzaghi. Li ha segnati tutti? Pippo è il nostro capopopolo. Carino anche Sheva che ieri mi ha chiamato per sapere come stavo. E come sto? Chiuso in casa, a Milano. Io e la signora filippina che segue la casa, è una casa grande. Purtroppo è una gran cuoca, avrò messo su un chilo e mezzo due in una settimana. Ho settantacinque anni, anche se ho uno stile di vita giovanilistico (lo dice sorridendo, nda), appartengo alla categoria più a rischio e non mi muovo, non esco. Sono disciplinato di natura».
L’agitazione è un’esclusiva del Galliani da tribuna di San Siro.
«Ma aspetti…».
Aspetto, aspetto: il tempo non ci manca.
«Pazzo come sono, mi sono riguardato anche tutta la finale di Wimbledon, cinque ore, per l’esattezza quattro e cinquantasette, e non mi sono perso uno scambio. Sono amico del manager di Djokovic, Dodo Artaldi, oltre che di Paolo Bertolucci. Ogni tanto ci telefonavamo: “Senti, Dodo, ma non credi che sia più in palla Federer?”. E sotto di quattro: “Paolo, ormai è andata, questo non si ferma più”».
E invece si è fermato, un po’ come la nostra vita. E come lo sport, il calcio. «La priorità è la salute» assicura «e in casi come questo si impongono i poteri d’emergenza». Adriano Galliani è una figura quasi mitologica a più teste, teste alle quali oggi è facile perdonare anche qualche caduta del passato: ha la testa dell’imprenditore (era sua Elettronica Industriale prima che fosse rilevata da Berlusconi), quella del dirigente calcistico (la triangolazione Monza, Milan, Monza) e quella del politico (da due anni è senatore della Repubblica). Per la verità ne possiede anche una quarta, quella dell’appassionato di basket (è un ultrà dell’Armani) ed è talmente innamorato e esperto di cose, uomini e situazioni da essere stato indicato quale prima scelta per la presidenza della Lega pallacanestro. Che ha rifiutato: e allora è stato chiamato il suo storico vice, Umberto Gandini. «Le ripeto che non mi muovo, ma ho addirittura meno tempo di prima. Mi informo, leggo tutti i giornali, solo la notte però. La mia giornata è riempita da telefonate, mail, seguo passo passo il mio amatissimo Monza...».
Avrà più tempo anche solo per pensare.
«Ho la sensazione che la gente abbia ritrovato il gusto della chiacchierata, il virus ha cambiato la psiche delle persone. Se proprio vogliamo trovare un elemento di positività, uno solo, in questa tragedia, penso sia il possibile cambio di atteggiamento nei confronti del prossimo, delle cose e del tempo. Perché c’è un prima-Coronavirus e ci sarà un dopo. Ci stiamo anche accorgendo di quanto lavoro si possa svolgere da casa. Una volta superata la fase critica dovremo guardare in faccia una realtà modificata radicalmente dall’emergenza».
Non le chiedo quando finirà.
«Tanti procedono al buio e straparlano. Troppe campane suonano inutilmente, irresponsabilmente. Io mi fi do della comunità scientifica, è ai ricercatori che do retta. Ho maturato una forma di odio nei confronti dei social che danno voce a chiunque e ci inondano di false informazioni. Sono legato alla carta, ai quotidiani, inseguo l’autorevolezza, la credibilità dei professionisti… Scelgo l’intermediazione più vicina ai miei gusti, alle mie idee, alle mie posizioni. Ma non trascuro affatto le opinioni di chi non la pensa come me. Pretendo però che sia un professionista. Il cambiamento sarà, oltre che sociale, economico, le due cose sono evidentemente collegate. La ripresa sarà lunga, difficile, la riduzione dei consumi mi preoccupa. Potrei farle un sacco di esempi, ma preferisco soffermarmi su un aspetto poco considerato, gli effetti del Coronavirus sull’industria del turismo che ha un’incidenza notevole sul pil del Paese. Per turismo intendo hotel, ristoranti, bar, impianti balneari. L’Italia ha quasi 7mila e cinquecento chilometri di coste e si ritroverà verosimilmente a fare i conti con un’estate 2020 complicatissima. Quasi inesistente. Meno presenze straniere e un minor numero di giorni di ferie per gli italiani, molti dei quali sono costretti a scontarli oggi. Si rischia il tracollo. La contrazione del pil sarà inevitabile per questo servono strumenti di contrasto e protezione». [...]
La soluzione dei playoff l’ha considerata?
«Sono per il rispetto del regolamento. Siamo partiti in un modo e in quel modo dobbiamo finire. Se non si dovessero completare tutte e 38 le giornate sarebbe giusto cristallizzare la classifica al momento dell’ultimo turno disputato, come in altri sport, la F.1, la moto. Mi auguro che non ci sia bisogno di questo e che tutto si risolva nel migliore dei modi. In questa fase tanti tirano la corda dalla propria parte, per questo faccio i complimenti alla Lega Pro che ha preso una direzione unica. Ricordo che sono stato anche presidente della Lega di A, per questo dico che Francesco Ghirelli è stato il primo a istituire un comitato di crisi che assicura assistenza sotto tutti i punti di vista ai club attraverso una società di revisione. Il calcio non è soltanto Ronaldo, Ibra e Messi, è fatto di giocatori che nelle categorie inferiori guadagnano poco più della gente comune. Calciatori, tecnici, staff e direttori sportivi sono lavoratori a tempo determinato, per questo hanno bisogno di misure di sostegno».
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