Torino 1948/49-Torino 1975/76 4-3: Gabetto più Mazzola, anche Radice si inchina

L’ordine di Pecci, le sgroppate di Graziani, la potenza di Pulici e un muro davanti al Giaguaro. Il Filadelfia ammutolisce, ma il finale ristabilisce la storia
Torino 1948/49-Torino 1975/76 4-3: Gabetto più Mazzola, anche Radice si inchina
Italo Cucci
6 min

Le grandi partite non le ho mai affrontate da solo, un po’ perché la tattica non è la mia passione, ho idee precise che non amo discutere, poi non so se ho assimilato o proposto la partita a due voci, come in tivù. Probabilmente è colpa di Brera, in fondo, prima voce assoluta e io quante volte di spalla a precisare gli angoli, le punizioni, i quasi gol, cosí stavolta, per un impegnativo Toro ‘76 contro Grande Torino, ho chiesto aiuto a un ispiratore di mestiere, Felice Borel, un campione affermato nella Juve ma nato granata prim’ancora che arrivasse a a Torino Valentino Mazzola. Felice “Farfallino” Borel è un narciso, ma le cose le sa davvero. È lui che ha convinto Ferruccio Novo a sposare il Sistema ripudiando il metodo, creando una vera macchina vittoriosa. Erbstein ha fatto il resto.

Ed è sempre lui, Borel, a dirmi che i suoi ex compagni sono stanchi, provati, assicura che i neoscudettati di Radice faranno il colpaccio: il mio amico Radice, cantato Radix da Arpino ma io l‘ho visto crescere a Cesena e quando gli ho detto che comunque il suo stile di gioco somigliava a quello dei Grandi mi ha deluso garantendo che gli erano più vicini gli olandesi. La pensa cosí anche Borel, ma la mia memoria non è da meno. Scesi in campo agli ordini di Lo Bello, pareva non fossero neppure confrontabili. Almeno sul piano della velocità quando la palla girava da centrocampo in su e arrivava a Graziani e Pulici, i torelli sembravano vincenti; ma c’era poco da fare con il potente Ballarin, il tecnico Grezar, Rigamonti il mastino e il raffinato Maroso che hanno reso famoso Bacigalupo senza farlo faticare troppo.

Il bello è piuttosto a centrocampo: tutti in estasi per Valentino che però non si spreca, lascia lavorare Loik, Menti, Ossola, interviene a evitare danni ma da spesso il via a Gabetto che infatti nella prima mezz’ora tenta tre volte di battere Castellini e alla terza ci riesce. È il 27’. Radice non fa una piega, confabula al volo con Pecci e la musica cambia perché viene assistito meglio - anche da Zaccarelli - Claudio Sala e vi garantisco che me ne frego dei modelli olandesi perché “Banana” non ha simili, il pallone è per lui una creatura, ci danza insieme ma quando è il momento diventa un’arma per i “gemelli”: in venti minuti - 38’ e recupero - prima Pulici con potenza poi Graziani, ingannando i difensori avversari con una sgroppata senza grazia ma furibonda, da toro vero, battono Bacigalupo che riceve qualche battuta da Valentino mentre tutt’intorno è silenzio.

Possibile? Adesso, mi dico, vedrai che mi tocca raccontare per l’ennesima volta di Valentino che si tira su le maniche e li fotte, questi ragazzotti irrispettosi. Ma chi li ferma? Dietro è nato un muro davanti al “Giaguaro”, Caporale non ricama ma picchia, come Mozzini, Patrizio lavora da operaio specializzato, “Banana” canta come se fosse a Sanremo e stavolta buca lui Bacigalupo. Tre a uno al 61’. Radice finge disinvoltura ma sta per svenire. Magari li rimproverano anche, via, un po’ di riguardo, ma sa che per Pianelli sarebbe una goduria. Novo, il gran signore, non fa una piega ma si capisce che è ammirato dei pargoli.

Un Toro è sempre un Toro. A me sembra di star sul punto di scrivere non una ma La Storia. Poi d’improvviso capisco quell’aria di Novo perché Gabetto comincia a volare nel cielo infinito (Sanremo, come “Banana”). Giuro che una cosa cosí non l ‘avevo mai vista. E non è tanto Dio Mazzola a stupirmi - qui in tribuna le solite linguette dicono che ha in testa l’Inter, un altro parla di donne - ma proprio il mio idolo (posso dirlo?) Gabetto, il bomber elegante che ha mille modi per segnare ma gli bastano una botta secca (al 77’) e una rovesciata (all’80’, che sbandata) per fare 3 a 3. È quasi finita. Erbstein ha l’aria di chi sta guardando il film che ha giá girato altre volte, poche modifiche, tanti scudetti. Radice invece è come spossato; troppe emozioni, i ragazzi gli passano davanti ma non ha più nulla da dire. E invece sono convinto che con un po’ di carica... Lo Bello non ha mai fatto il protagonista, intimidito lui pure da quel branco di scudetti ma all’89’ fa la sua parte: Caporale tenta di frenare in area Gabetto, lo falcia, rigore; Valentino è subito sul pallone, non tira su le maniche, si piega un attimo a aggiustare un calzettone, studia al volo Castellini e quando don Concetto fischia il pallone vola già in rete prima che il “Giaguaro” decida destra o sinistra: 3-4. Un pelo di silenzio poi un urlo squassa il Filadelfia. Quando i Santi vanno a passeggio.

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