Lazio 1973/74-Lazio 1999/00 4-2: Maestrelli all'olandese, Eriksson si inchina

Doppietta decisiva di Long John ai supplementari. Il palleggio di Veron, Mancini e Nedved alla lunga non basta di fronte ai “tuttocampisti” del Maestro
Lazio 1973/74-Lazio 1999/00 4-2: Maestrelli all'olandese, Eriksson si inchina
Fabrizio Patania
6 min

Nessuna tattica. Manca un’ora al derby da sogno dell’Olimpico e Maestrelli, come ogni domenica, comunica gli undici titolari. Giocano Re Cecconi e Martini. Long John fa una smorfia, ne aveva chiesto l’esclusione e neppure stavolta è stato accontentato. A Tor di Quinto sono state botte vere per tutta la settimana. Maestrelli è andato da Wilson, il capitano, e lo ha implorato: «Ora non mettertici anche te, Pino. Lo capisci o no? Dobbiamo fargli vincere la partitella e se serve gli regalo un rigore. Solo così Giorgio si calma». Chinaglia ha dormito a casa del suo allenatore, si è rilassato giocando con i gemelli Massimo e Maurizio, ha provato ancora a dettare la formazione e Tommaso lo ha illuso. Gli undici non cambiano, giocano a memoria e anche a tutto campo. Come l’Olanda di Michels, a cui sono stati paragonati per dinamismo.

RICCHEZZA - L’altra Lazio si allena a Formello, inaugurato da Cragnotti nel 1997. Eriksson non è più l’innovatore dei tempi del Benfica, quando aveva stregato la Roma di Liedholm. E’ diventato un abilissimo gestore di uomini. Uno svedese napoletano. Deve conciliare l’anima argentina con la costola doriana trapiantata da Mancini, Lombardo e Mihajlovic. Nedved, futuro Pallone d’Oro, furoreggia, ma è Veron a governare la manovra. La Brujita lancia con precisione a cinquanta metri di distanza, possiede i tempi del regista e gli scatti del trequartista. Nella stagione precedente ha trascinato il Parma ai successi in Coppa Italia e in Coppa Uefa. Svennis lo ha voluto e il finanziere di Porta Metronia ha convinto Tanzi sborsando 60 miliardi. E’ l’asso giusto per ritentare l’assalto allo scudetto nonostante la cessione di Vieri, rimpiazzato da Simone Inzaghi. Mancio, per un’estate vero e proprio diggì, ha suggerito il suo acquisto.

APRE SIMO - E’ proprio il fratello di SuperPippo, preferito a Salas e Boksic, a sbloccare il risultato. Un guizzo da opportunista. Nel primo tempo gli argentini creano superiorità: Veron inventa, Almeyda fa schermo, Simeone contrasta Re Cecconi. Tagliati i rifornimenti per D’Amico e Garlaschelli, Chinaglia è un leone nella gabbia formata da Nesta e Mihajlovic. Mancini e Nedved si esaltano nel fraseggio corto, 4-5-1 con un palleggio di altissima qualità.

MENTE - Panchina di lusso. Eriksson ha tenuto fuori Stankovic, Conceicao, Negro, Couto, Sensini, Ravanelli. Pulici, almeno due volte, evita il raddoppio. Lo salva un palo (colpo di testa del solito Simeone) prima del pareggio firmato da Frustalupi con un destro dal limite. Piccolo di statura, ma regista pieno di sapienza. Uno scudetto e una finale di Coppa Campioni con l’Inter, Fraizzoli lo ha inserito con troppa facilità nell’affare Massa (pagato 400 milioni). Lo squadrone allestito da Sbardella e Lenzini trova il suo cervello. Di fronte ai fuoriclasse di Eriksson, però, è più dura ingranare. Quando sta per arrivare l’intervallo, ci mette il piede sbagliato Oddi. Autogol sul cross di Pancaro e ancora riecheggia il ritornello di Felicione, battuto solo 16 volte nella stagione dello scudetto. «Ma cosa volevi fare?» chiede a Giancarlo. Lo stopper del Tufello mena che è una bellezza, ma stavolta è entrato male sul pallone: 1-2. Maestrelli scende per primo negli spogliatoi e non fa entrare i suoi giocatori. Riescono tutti sul prato ad aspettare (è già successo con il Verona) e così l’Olimpico, stordito dai sentimenti, decide da che parte stare: sono 82 mila come il 12 maggio 1974, record d’affluenza imbattuto. La ripresa diventa un assedio. Petrelli e Martini diventano ali aggiunte. Nanni cuce, Re Cecconi trascina. Corsa, muscoli e il ciuffo biondo: lo hanno ribattezzato Netzer, somiglia al tedesco. Marchegiani si arrende al 40’, quando D’Amico infila in rete da pochi metri e sfruttando il tacco di Chinaglia.

SUPPLEMENTARI - Come si fa a scegliere? Perché la Lazio di Eriksson, tra le più grandi di sempre, ha vinto la Coppa Coppe ed è arrivata sul tetto d’Europa piegando il Manchester United, ma poteva vincere uno scudetto in più e doveva andare avanti in Champions (ricordate Valencia?). Chinaglia e la banda Maestrelli rappresentano la storia e l’immagine più nitida della Lazio nel calcio italiano. Spirito inimitabile, da vero romanzo. Così, all’overtime, arriva la doppietta di Long John, trascinatore ingobbito: sfugge di prepotenza a Nesta per il 3-2 e poi segna su un rigore, generosamente concesso dall’arbitro Panzino. Quasi scivola sul dischetto, si alza una nuvola di gesso, ma la palla entra in rete e l’Olimpico, dentro uno sventolio di bandiere, festeggia. Impossibile immaginare un altro epilogo. A Perugia non sta diluviando.

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