Inter 2009/10-Inter 1953/54 1-0: Mou e Milito, sgambetto alle tattiche del totem Foni

Il Principe argentino sfrutta la respinta di Ghezzi sul tiro di Eto’o: tanto basta per battere la squadra nerazzurra che bissò lo scudetto nel 1954 con 67 gol
Inter 2009/10-Inter 1953/54 1-0: Mou e Milito, sgambetto alle tattiche del totem Foni
Massimo Perrone
4 min

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Concetto Lo Bello aveva 12 anni quando l’Italia vinse l’oro olimpico nel calcio a Berlino 1936, e ne aveva 14 quando la Nazionale di Pozzo si confermò campione del mondo in Francia nel 1938. In entrambe le squadre giocava Alfredo Foni, senza il 2 sulla maglia perché i numeri furono introdotti solo nel 1939, ma ovviamente Lo Bello lo sapeva riconoscere. Invece: Mourinho chi? Don Concetto è morto nel 1991, quando Mou era nello staff dell’Estrela Amadora. Uno sconosciuto. Abbiamo chiamato lui, il tiranno di Siracusa, ad arbitrare questo derby nerazzurro, l’Inter 1953/54 contro l’Inter 2009/10, perché esordì in A proprio nella stagione in cui Foni conquistò il suo secondo (e ultimo) scudetto consecutivo in panchina. Quattro giorni prima di compiere trent’anni, il 9 maggio 1954, il siciliano diresse Atalanta-Samp 1-1. La Gazzetta iniziò il pezzo così: “Il primo tempo stava trascorrendo quietamente, senza emozioni di sorta per gli spettatori che si aspettavano di più e di meglio. Quand’ecco che a muovere le acque si prestava l’arbitro Lo Bello che, al suo esordio in A, voleva assolutamente mostrare che il regolamento lo conosceva. E giù trilli a ripetizione, talvolta veramente sconcertanti!”.

CAPOLISTA - Quel giorno l’Inter superò 3-1 il Genoa, restando in testa insieme alla Juve che aveva distrutto un mese prima, il 4 aprile, con un 6-0 che costituisce il peggior ko esterno in A della storia bianconera. Il filmato dell’Istituto Luce, dopo aver mostrato la quinta rete che “parte dal piede calamitato di Brighenti”, fa vedere Viola, lo sconsolato portiere bianconero, che si mette addirittura a braccia conserte. Come a dire: tanto è lo stesso. Mentre in tribuna, inquadrato due volte, c’è Tino Scotti che si scompiglia i capelli dall’entusiasmo. “Il cavaliere è impazzito” dice lo speaker; sì, il cavaliere, dal nome della macchietta allora celebre, quella del “ghe pensi mi”, dell’attore che aveva giocato nelle giovanili nerazzurre. 67

GOL IN CASCINA - Quell’Inter vinse a +1 sulla Juve segnando più di tutti, 67 gol, mentre l’anno prima aveva conquistato lo scudetto realizzandone appena 46, col nono attacco del campionato. Era (stata) la squadra del catenaccio: Armano, l’ala, tornava indietro a dare una mano alla difesa, e Blason si spostava a fare il libero. Un modulo che aveva entusiasmato Gianni Brera, contrario al cambiamento. “Gli esteti e i napoletani tuonarono e digrignarono contro il non-gioco. Finì che il presidente Masseroni chiamò Foni e gli disse: non faccia più catenaccio. Sembrerà incredibile ma proprio questo avvenne: che l’Inter abbandonò il modulo tradizionale degli italiani per tornare al WM e non perse il campionato solo perché ebbe la fortuna di trovare Vincenzi, grandissimo campione”. Vincenzi? Mah. Giocò solo 18 partite su 34, infatti non è neanche in campo contro l’Inter del triplete, che come testa di serie del nostro tabellone abbiamo preferito a quella di Mancini del 2006/07 nonostante abbia conquistato molti meno punti, 82 a 97, vincendo lo scudetto di un soffio sulla Roma (+2 contro +22), perché nel campionato del Mancio non c’era la Juve e le altre big erano partite con la penalizzazione.

ETO’O-MILITO - Nel 4-2-3-1 di Mourinho c’è Eto’o che fa (anche) il terzino come Armano ai tempi di Foni, anche se in attacco si sono fatti sentire tutt’e due, 12 reti per il camerunense nel campionato del triplete, 13 per l’alessandrino nel 1953/54. Ed è lui, Eto’o, a scagliare in porta il tiro che, respinto nella solita uscita da kamikaze di Ghezzi, finisce sui piedi di Milito che, al 12’ del secondo tempo - lo stesso minuto del gol scudetto a Siena - regala a Mou il passaggio del turno in questo derby nerazzurro.


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