Manfredonia esclusivo: "Io che ho visto la morte"

Il suo cuore si fermò il 30 dicembre del 1989 durante un Bologna-Roma. Ecco il suo appello da uomo di sport
Lionello Manfredonia, qui in un Lazio-Avellino 2-1 del 1983: dalle giovanili biancocelesti alla prima squadra dal 1975 al 1985© FOTO GIULIANI
Guido D'Ubaldo
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ROMA - «Io che ho rischiato di morire sul campo, dico che il calcio deve ripartire». Lionello Manfredonia oggi ha 63 anni e vive a Vicenza. E’ diventato nonno e ha un’accademia di calcio per insegnare tecnica ai bambini. Il 30 dicembre 1989 il suo cuore si fermò durante un Roma-Bologna. Si salvò per miracolo, ma quel giorno smise con il calcio giocato. La sua è una storia incredibile, con tanti personaggi importanti che gli ruotavano intorno. Lionello non è mai stato un personaggio banale, non ha vissuto lambendo la mediocrità. Ha scelto di essere protagonista, anche quando c’è stato un prezzo da pagare. A volte elevato, altre che ha lasciato cicatrici profonde.

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Oggi i giovani sono il suo mondo: «Ho un’accademia, si chiama “Asd il vero calcio”, con un gruppo di allenatori e Massimo De Paoli, professore di architettura e di tecnica calcistica. Puntiamo a migliorare i ragazzi sulla tecnica, perchè mi sono reso conto che già da quando sono piccoli li addestrano tatticamente ma poco sui fondamentali. Un servizio che facciamo alle società, professionistiche e dilettantistiche. Lavoriamo con il Vicenza e abbiamo fatto un accordo con la Roma calcio a 5. Seguiamo 300 ragazzi, coinvolgiamo anche gli allenatori, per sviluppare allenamenti specifici sulla tecnica. Avevamo cominciato con i campus, speriamo che almeno a luglio ci diano la possibilità di tornare in campo».

Il calcio giovanile si è fermato definitivamente

«Mio figlio Matteo del 2004 gioca nel Vicenza, si allena da solo dentro casa. E’ bravino, è presto per capire dove potrà arrivare. Si perde il periodo più bello delle finali, io dico che una piccola speranza per riprendere a giugno si poteva avere. Questi ragazzi devono poter alimentare il loro sogno».

Anche la serie A spera di ricominciare il campionato

«E’ importante riprendere lo sport in generale, con un passaporto biologico che certifichi che sia tutto a posto. Se un atleta è in salute e si prendono tutte le precauzioni possibili si potrebbe ricominciare senza pubblico. I bilanci della società di serie A sono quasi tutti in rosso, ci sono interessi enormi. Sarebbe meglio finire la stagione anche un po’ più avanti, l’importante è che si assegnino i titoli sul campo. Il Vicenza è primo in classifica, aveva sei punti di vantaggio. Le prime tre è giusto che vengano promosse, trovo un po’ bizzarra l’idea del sorteggio della quarta, De Laurentiis ha protestato per il Bari e non gli si può dare torto».

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«La gente ha voglia di calcio. Io vivo in Veneto e so che qui e in Lombardia ci sono state situazioni molto difficili, mentre a Roma la pandemia si è sentita meno. Lo sport deve riprendere, come è importante che riprendano tutte le attività lavorative. Il calcio deve ricominciare e mettersi in regola, spende troppo rispetto alle entrate. Non ci si può basare solo sui diritti tv. I club sono tutti in rosso, tranne pochi club virtuosi come Atalanta, Napoli e Lazio. Sono società ben gestite, tutte dovrebbero organizzarsi meglio a livello patrimoniale, lo stadio di proprietà è fondamentale e in Italia ce ne sono pochissimi. In Inghilterra anche le società di serie C hanno lo stadio di proprietà. In Italia servono situazioni tragiche come questa per riflettere. Troppi soldi spesi per il personale e pochi investiti nelle strutture. Il calcio italiano ora è costretto a elemosinare al Governo i fondi. Quando il rubinetto delle tv si chiude le società rischiano di fallire, mi sembra assurdo».

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