Milan 1950/51-Milan 1993/94: Nordahl colpisce, ma Capello ha un muro

San Siro impazzisce per il Gre-No-Li e per il suo bomber e profeta. Ma davanti a Baresi spunta Desailly. E non ce n’è per nessuno
Milan 1950/51-Milan 1993/94: Nordahl colpisce, ma Capello ha un muro
Franco Ordine
5 min

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Un attacco boom boom contro la difesa più blindata d’Europa. Una sfida così, a distanza di 40 e passa anni, può riempire San Siro e stregare i milanisti di due generazioni che hanno venerato il Gre-No-Li e spasimato per gli eroi di Atene, 4 a 0 al Barcellona nella finale di Champions battezzata la partita del secolo per quei colori e quella fede calcistica.

L’attacco boom boom è quello allestito dal presidente Trabattoni e dalla coppia affiatata Burini dt e Czleizler allenatore dopo il più lungo attraversamento del deserto: 44 anni senza vincere lo scudetto, riapparso in un pomeriggio di giugno 1951, a San Siro, grazie alle notizie arrivate da Torino e dal risultato dell’Inter inseguitrice senza più artigli. È stato quasi inevitabile dominare il campionato grazie a quel po’ po’ di bomber schierato in attacco, Gunnar Nordahl, il pompierone, re del gol per la seconda volta consecutiva (34 il bottino finale), scortato da una coppia di connazionali, Gren il raffinato regista e Liedholm l’elegante suggeritore. C’è stato bisogno di pochi ritocchi per rendere più affidabile lo squadrone che soltanto l’anno prima, nonostante la valanga di gol ha sfiorato il traguardo tricolore: Silvestri terzino destro e Renosto ala sinistra. Già l’anno prima, proprio quel Milan targato 1949-50, fu capace di seppellire di gol la Juventus a Torino, perdendo poi il ritorno a Milano e consegnando ai bianconeri lo scudetto. Nordahl è il suo eroe acclamato dalla folla amica e temuto dai rivali che han provato a fermarlo con tutti i mezzi. Doveva finire a Torino, alla Juve e solo una telefonata del presidente Trabattoni all’Avvocato consentì all’epoca di realizzare l’affarone. Che storie.

Sono le stesse che si possono leggere sul conto del Milan di Fabio Capello 1994, collezionista di scudetti, nell’epoca d’oro del Milan di Silvio Berlusconi in quello stesso diventato presidente del Consiglio. Usciti di scena gli olandesi, con Rijkaard di ritorno all’Ajax, Gullit senza più cartilagine e Van Basten con una caviglia di vetro, spedito a Genova sponda Samp persino Evani l’eroe di Tokyo 1989 e perso Lentini per effetto di un dannatissimo incidente stradale, il puzzle viene ricomposto con una striscia di mosse azzeccate. Niente più campioni fantasmagorici ma pedine funzionali al calcio concreto di don Fabio avviato al terzo scudetto di fila: Laudrup, Raducioiu e Panucci sono i ricambi estivi ma il vero colpaccio è quello autunnale, realizzato dal solito Adriano Galliani e seguito all’infortunio di Boban al culmine di un derby. Si chiama Marcel Desailly, arriva dal Marsiglia ormai in liquidazione per gli affari precipitati di Tapie e di mestiere fa il difensore centrale. Capello invece ha una genialiata delle sue e dopo qualche test a Milanello lo promuove scudo protettivo della difesa già supercollaudata, al fianco di Albertini e cacciatore spietato di qualunque rivale sfuggito all’attenzione di Baresi e soci.

Da quel momento in poi fare gol al Milan diventa un autentico supplizio. Puoi sperare in una sbavatura di Panucci, al debutto tra quei pirati dell’area di rigore, ma quand’anche ti capitasse una fortuna del genere, c’è poi Sebastiano Rossi a fare da diga fi nale e a collezionare il record che farà impallidire persino il precedente primato di Dino Zoff . Non si passa da quelle parti e così bastano pochi sigilli, distribuiti tra Marco Simone (al primo anno da titolare dopo l’apprendistato in provincia) e il solito Massaro, partito riserva e poi diventato titolare inamovibile, più l’estro di Dejan Savicevic detto il genio, per liquidare la concorrenza e tenersi al petto il terzo scudetto consecutivo. Di quella stagione straordinaria rimarranno solo un paio di ombre dopo le luci abbaglianti di Atene: le sconfi tte contro Parma e a Tokyo nell’Intercontinentale giocata per la squalifica dei francesi.


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