In Ligue 1 come gli scemi

In Ligue 1 come gli scemi
Ivan Zazzaroni
4 min

La raffinata capacità di sintesi dei francesi. “Comme des cons?” è il titolo della prima pagina di ieri de l’Equipe. Come tradurlo? Testualmente, “Come degli idioti?”. Volgarmente, “Come dei coglioni?”. Nel linguaggio di tutti i giorni, mi ha spiegato l’amico e collega Marc-Henri Maisonhaute, la traduzione più comune è “Come degli scemi?” Cambia la forma, non la sostanza: il prestigioso quotidiano sportivo ha messo a confronto le decisioni delle più importanti leghe europee - quattro su cinque non si sono arrese al virus e agli interessi individuali - e ha concluso che la scelta del governo Macron è stata disastrosamente scema.

Due mesi e mezzo ha impiegato il calcio italiano per ottenere la data della rinascita da Spadafora, che alla fine ha barattato il 13 giugno con l’inizio pop in chiaro: nel giro di cinque giorni, ecco dunque le due semifinali e la finale di coppa Italia, o coppa del presidente della Repubblica. Uno scomodissimo aut aut, ma anche un formidabile spot per il calcio a porte chiuse: le tre dirette su Raiuno saranno verosimilmente seguite nel complesso da non meno di 22, 23 milioni di telespettatori.

La “coppa ristretta” non è piaciuta a Inter, Milan e Juve. Ma mentre Agnelli si è subito sfilato, Scaroni ha tergiversato, per poi votare contro. Il più duro, Marotta naturalmente: ha fatto fuoco e fiamme sottolineando l’antisportività e l’irregolarità del programma (l’Inter nella migliore delle ipotesi dovrà giocare 4 partite in 10 giorni) e minacciando di schierare i primavera a Napoli. Si tratterebbe della seconda volta nella storia, e sempre da parte dei nerazzurri: 59 anni fa, aprile ’61, ne presero 9 dalla Juve, ma lanciarono il giovanissimo Sandro Mazzola. Anche nel deserto può nascere un fiore.

Sul concetto di sportività maltrattata potrei anche seguire Marotta, che deve fare i conti con le esigenze di Conte: in un periodo come questo, però, bisogna saper guardare al generale più che al particolare conservando sulla scrivania una copia de l’Equipe del 29 maggio.

Dopo aver letto un po’ di cosette qua e là, azzardo una previsione facile-facile: giugno 2020 sarà certamente ricordato come il mese di San Gufo martire. Perché ci toccherà sentire e leggere che il campionato è falsato; che gli infortuni sono aumentati in modo esponenziale; che senza pubblico non è calcio; che il calcio anti-covid non è calcio poiché non ci sono più i contrasti; che il calcio senza sputi non è calcio e che qui una volta era tutta campagna. Assisteremo alla moltiplicazione dei positivi negativi, dei negativi che diventano improvvisamente positivi, degli asintomatici astigmatici, dei positivi che pensano negativo perché sono vivo perché son vivo: potrei facilmente indicare le squadre sospettabili, non lo faccio perché qualcuno potrebbe dire che sono una gran brutta persona, e non è così.

Torneranno di moda il piano B (meglio quello di Balata), il C, il D, l’E e anche l’effe. Tutte alternative prive di senso. Tuttavia un piano I, come Ivan, avrei voglia di suggerirlo a Spadafora: dal momento che ha deciso di far partire la coppa il 13, un giorno prima della riapertura per decreto delle attività sportive, perché non anticipare al 12 la prima delle semifinali permettendo alle quattro squadre di preparare con più tranquillità la finale del 17?


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