L'ultimo chiodo sulla bara del calcio© LAPRESSE

L'ultimo chiodo sulla bara del calcio

Ivan Zazzaroni
4 min

ROMA - Che il calcio di serie A stia sulle palle al Governo Conte è un fatto. Un paio di ministri “nemici” li abbiamo facilmente individuati - e a più riprese segnalati - a primavera: i disastri che hanno provato a combinare! Adesso è il turno dell’Agenzia delle Entrate, impegnatasi per complicare ulteriormente l’esistenza (sopravvivenza) dei nostri club. Lunedì pomeriggio, non appena si è saputo della circolare che nega la riduzione della tassazione sugli stipendi agli sportivi professionisti impatriati, l’ad di una società di primo livello mi ha inviato questo messaggio: «Fai la somma di tutti i netti degli stranieri arrivati in Italia dal 2019 e calcola il 25%. Sono milioni. Nell’anno del covid è l’ultimo chiodo sulla bara del calcio. Lega e Federazione si devono muovere in fretta, altrimenti altro che mercato!».

Gravina si è subito agitato e ha scritto al ministro Gualtieri e Beppe Marotta ha fatto il diavolo a quattro per tentare di coinvolgere gli esponenti più sensibili (e a lui vicini) dell’Esecutivo. L’aspetto grottesco dell’intera vicenda è che il calcio-industria, che al Governo aveva chiesto un po’ di attenzione, ha ricevuto ripetuti no sui milioni garantiti dalle scommesse sportive, per poi ottenere il ridicolo slittamento di due mesi del pagamento delle tasse, oltre al credito d’imposta per gli sponsor (anch’essi in difficoltà).

E alla vigilia dell’apertura del mercato, è stato raggiunto da questa botta al fegato in grado di compromettere tanto la sessione invernale della campagna acquisti quanto l’intera gestione. È pur vero, tuttavia, che nelle ultime ore si sta facendo largo la convinzione che l’allarme possa rientrare.

Due i motivi, che sono errori contenuti nella circolare stessa: il dpcm non emanato riguarda l’articolo 5 che parla del fondo per i vivai (l’agevolazione è riferita all’art. 4) e nel diritto tributario non esistono norme retroattive. La società più danneggiata sembra essere l’Inter, per via dei numerosi trasferimenti dall’estero realizzati nell’ultimo anno e mezzo. Proprio ieri i vertici si sono incontrati (di nuovo) a Villa Bellini per fare il punto, riallinearsi e attribuire contenuti miracolistici all’unico obiettivo rimasto: lo scudetto. Sono trascorsi sei anni, quasi sette, da quando lo juventino Antonio spiegò che non ci si può «sedere al ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca». Da allora sono cambiate tante cose: nel ristorante europeo non c’è più posto almeno per lui, resiste la trattoria italiana, ma dalle tasche gli euro - anche grazie al covid - sono spariti. «Finiti i canditi», Zhang said.

Resta aperta la stradina che porta a un ’88 argentino che chiede 3 milioni netti di stipendio (ma ne costa 10 di cartellino). Il che fa anche dire - per onestà - che certi calciatori, pur pregiatissimi, dovrebbero scendere su questa terra amara dall’Olimpo in cui purtroppo li abbiamo collocati. E non parlare di milioni in un Paese umiliato dalla povertà e dalla peste o sgavazzare a Dubai, mentre il lockdown ci ferma anche il cuore. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è francamente voluta.


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