Voltagabbana Forever© ANSA

Voltagabbana Forever

Ivan Zazzaroni
2 min

Siamo un calcio senza speranza come il Paese che lo esprime. Ieri in Lega si sono rivissuti gli scontri (e i tradimenti) e si sono rivisti i ciampolilli di lunedì scorso nel Parlamento più disarticolato di sempre. A Milano si eleggeva il presidente della confindustria del pallone e, ai più, la conferma di Paolo Dal Pino, l’uomo della media company e dei fondi contro gli sprofondi dei club, sembrava cosa fatta. Invece, a sorpresa, soltanto dieci società si sono schierate a favore del manager uscente, otto le bianche e due gli astenuti: sospetto che, come accade spesso nell’emiciclo, qualcuno sulla scheda abbia indicato Cicciolina o il cane Rex. Cazzari fino in fondo, insomma. A quel punto c’è stato bisogno dei “costruttori”, e al secondo scrutinio le società disposte a proseguire con Dal Pino sono salite a quattordici, inducendolo tuttavia a riservarsi di accettare.

«Lotito come Renzi» ha sibilato qualcuno: al presidente di Lazio Viva è stato subito assegnato - com’è tradizione ormai - il ruolo del “rompicalcio”, in quanto dichiaratamente contrario a una “governance misto-fondo”. Il problema, però, non è Lotito, bensì chi all’ultimo ha cambiato casacca (chissà cosa gli sarà stato offerto) confermando che la crisi di liquidità, i disastri finanziari, morali e strutturali del nostro calcio e l’assenza di prospettive a breve e medio termine sono nulla in confronto agli interessi di bottega. Ho detto “chissà cosa gli sarà stato offerto” pensando al mercanteggiare di poltrone ministeriali per salvare Giuseppi, cerimonia politica ormai antica e accettata. Ma nel calcio... La sacralità del rito elettorale - non ridete - è inalienabile: ogni “offerta” è, come minimo, illecito sportivo. Vogliamo parlarne?


© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Calcio