Signori esclusivo: "Io, il boss dei boss"

Il primo giugno 2011 l’arresto. Esattamente dieci anni dopo, la grazia che ha fatto seguito all’assoluzione piena. Lo straziante calvario da raccontare
Signori esclusivo: "Io, il boss dei boss"© ANSA
Ivan Zazzaroni
4 min

Proprio come quando scattava sulla fascia ed era quasi impossibile frenarne la corsa. Pallone sul sinistro, la testa bionda e riconoscibilissima leggermente abbassata, la porta, il gol. «Sono passati dieci anni, precisi precisi». Adesso sorride, Beppe Signori, oscillando tra diversi gradi di esistenza. Riesce ad abolire ogni distanza tra realtà e delirio. Perché in un delirio ha vissuto e da un delirio è da poco uscito. «E poi uno non dovrebbe essere scaramantico. Oggi venivo arrestato. Oggi, proprio oggi. Il primo giugno 2011 mi accompagnavano in questura a Bologna, il primo giugno 2021 è fi nito tutto. La grazia dopo due assoluzioni piene. Né manette né gabbio, grazie a Dio. Ho fatto quattordici giorni ai domiciliari e basta. La galera me l’hanno risparmiata. Ma risparmiare il carcere al boss dei boss non è forse una colpevole incongruenza? Una vicenda nata male, la mia. Sotto tanti aspetti. Mai, ripeto mai sono stato interrogato dal pm che ordinò l’arresto. Ho subìto solo l’interrogatorio di garanzia da parte del gip, e dopo dieci, undici giorni, i tempi naturali, mi spiegarono. Il pm si sedette di fianco a me, il tutto durò quarantotto minuti, il più breve. E dopo tre minuti il pm si alzò e disse: “Vado via, vista l’inutilità di questo interrogatorio”. In seguito ho chiesto decine di volte di essere riascoltato, ma ho sempre ricevuto la stessa risposta. No no, no no. E questo mi ha fatto pensare".

A cosa?

«Che ero soprattutto - lo si ricava dall’ordinanza - il volto dell’inchiesta. Duemilaundici, non c’era niente. Non c’erano Mondiali, né Europei. Un nome abbastanza noto in Italia e nel mondo che non fosse tesserato, il mio. C’erano tutte le condizioni per trasformarmi da mente, finanziatore e scommettitore nella faccia da mostrare al pubblico. Carne da macello. Io ho acquisito le intercettazioni, in 70mila registrazioni il mio nome non esce mai... Non ci sono», e lo sottolinea scandendo le tre parole.

Beppe, al di là dello sputtanamento, della dignità calpestata, del dolore provato…

«Fermati! Fisici, psicologici, tanti i danni che mi ha procurato questa storia. Cicatrici enormi. Due anni fa mi è partito un trombo dal polpaccio che ha bucato il polmone. Mi sono ritrovato al Sant’Orsola sdraiato, intubato, perché stavo per schiattare. Ovviamente al trombo hanno concorso diversi fattori, però l’inchiesta ha contribuito a debilitarmi, insomma l’ho somatizzata. Le troppe sigarette hanno fatto il resto. Così come mi piaceva scommettere, mi piaceva fumare. Ho pagato, ho pagato tutto e troppo".

Tu eri un ludopatico, questo non è un segreto.

«Ludopatico, no. Che mi sia sempre piaciuto scommettere, lo sanno pure i muri. Già da ragazzino vivevo di sfide, ho sempre considerato il mio modo di scommettere un incentivo a migliorare».

Non capisco.

«Ricordo che alla Lazio feci una scommessa con Maurizio Neri. Era un periodo in un cui non riuscivo a segnare, mi trovavo in grande difficoltà. Scommisi che a fine stagione avrebbe giocato meno minuti lui rispetto ai gol che avrei segnato io. La vinsi, naturalmente. È un esempio stupido, se vuoi, ma la sfida del Buondì Motta e altre ancora come le vuoi catalogare? Per come sono fatto di carattere, non esiste che io vada da un calciatore per dirgli “ascolta, ti do i soldi se perdi la partita”».

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