American Calcio, così in Usa si passano 4 ore per una partita che non c'è

La sfida tra Red Bulls NY e Inter-Miami, con Higuain, ha avuto un epilogo imprevisto: a causa dei fulmini in arrivo, molto temuti negli Usa, la gara è stata spostata di continuo, dalle 19 alle 22,30, e poi annullata. La reazione dei tifosi? Molto americana...
American Calcio, così in Usa si passano 4 ore per una partita che non c'è
Massimo Basile
3 min

NEW YORK - Tre ore e mezza, quattro, per assistere alla partita che non c'è. Quella del campionato professionistico Mls in programma a Harrison, New Jersey, tra i Red Bulls di New York e l'Inter-Miami, la nuova squadra di Gonzalo Higuain. La gara è in programma alle 19, I tifosi arrivano un'ora prima e vivono lo stadio, tra shopping, musica e un veloce spuntino. Impianto moderno, colorato, a mezz'ora di metro da Manhattan. Visibilità perfetta. Il campo è verde, soffice e a due passi dagli spettatori. Ma c'è un'ombra: il temporale in arrivo. Non è un dettaglio qui in Usa: nella terra del più grande gigante economico al mondo, con gli stadi più moderni e tecnologici, i fulmini fanno paura. La pioggia no, gli uragani neanche, ma i lampi sì. Quelli sono considerati pericolosi. Così mezz'ora prima dell'inizio prefissato, dopo che le squadre sono rientrate negli spogliatoi al termine della rifinitura (Higuain aveva provato una serie di conclusioni dal limite, tutte rasoiate all'angolino), un avviso sui maxischermi segnala lo spostamento della partita per 'motivi di sicurezza'. Non viene indicata l'ora. Gli americani, solitamente sempre puntigliosi, sui ritardi sono meno rigidi, più mediterranei. Può essere un'ora, come due. Il tempo dirà. La gente accoglie l'appello con leggero disappunto, riassumibile in un civile 'oh noo', ma poi si adatta e aspetta. Passate le 20, un'ora dopo l'inizio previsto, sembra tutto pronto: la gente è seduta sugli spalti, viene eseguito l'inno, i fans ripresi sui maxischermi salutano. Ma è un attimo: dopo pochi minuti arriva un nuovo avviso d'allarme. In due lingue: inglese e spagnolo. E stavolta è perentorio: bisogna lasciare subito gli spalti e ripararsi. Fulmini in arrivo. Lo stadio si svuota in un attimo, migliaia di persone, senza mascherina e senza rispetto del distanziamento sociale, si ammassano sotto le gradinate e aspettano, tra un panino con hamburger, musica latina e birra. Passa mezz'ora. Un'ora. Un'ora e mezzo. La sensazione è che la situazione non migliorerà, ma questo non accende gli animi. La gente accetta la misura d'emergenza con serenità. Chi resta seduto, chi parla cordialmente con gli amici, chi gira per lo stadio, e chi decide di andare a fare shopping nello store dei Red Bulls. Alle 22 piove a dirotto e tuona. I tifosi ci scherzano sopra: "Ehi - si rivolgono al giornalista italiano - è tutto a posto, è uscito il sereno". Gli altri ridono. Una coppia ne approfitta per scambiarsi un lungo bacio sotto la pioggia. Alle 22,15 i primi fans decidono di arrendersi. Molti hanno affrontato un viaggio in auto di due ore. Se anche la partita dovesse cominciare, loro rischierebbero di tornare a casa all'alba. Alle 22,30 la partita viene rinviata ufficialmente. A quando? Nessuno lo sa, ma che importa. Nessuno protesta, il deflusso avviene in modo ordinato, silenzioso. Nei parcheggi attorno allo stadio ballano al ritmo di musica latina e hiphop, sotto una pioggia amazzonica. Arrivati per assistere a una partita di calcio, se ne vanno dopo quattro ore senza aver visto mezzo pallone. Biglietti rimborsabili, ovviamente. Ma se una cosa del genere fosse successa in Italia, cosa avremmo visto? 


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