Juve e Atalanta: Allegri e Gasperini tra realtà e illusione in Champions

Juve e Atalanta: Allegri e Gasperini tra realtà e illusione in Champions
Ivan Zazzaroni
5 min

Scrivo mentre Ronaldo non è ancora sceso dal cielo dal quale ha segnato il gol del 3-2 e nel momento in cui Allegri rientra negli spogliatoi senza preoccuparsi dell’esito dell’ultimo tentativo su punizione dello Zenit. Sono alcuni dei tanti episodi segnalabili di una serata di Champions che consente a Cristiano United di scavalcare in classifica l’Atalanta e qualifica virtualmente la Juve agli ottavi: due dei prossimi tre incontri saranno all’Allianz (Zenit e Malmoe).

Ammetto che per un tempo ho sognato che Gasperini ripetesse l’impresa di Anfield e che per tutta la partita ho temuto che la Juve non riuscisse a superare il muro di Semak. Verso le ventuno e trenta, in piena euforia, ho addirittura immaginato di ricevere questo messaggio da Fabio Paratici from London: «A comprare giocatori non ero male: De Ligt, Demiral». L’Atalanta stava vincendo 2 a 0 all’Old Trafford, la Juve era ancora sullo 0 a San Pietroburgo, ma dominava. Passavo da Sky a Amazon e da Amazon a Sky come nemmeno Alberto Tomba, impegnato in un complicato gigante televisivo.

La Juve ha giocato la partita che non le riusciva da almeno un mese e mezzo: sfruttando le incertezze dello Zenit, ha mosso il pallone con discreta precisione trovando però pochissimi sbocchi in attacco. Morata ha cercato di accorciare la squadra dando una mano sulla trequarti, Chiesa è stato sempre tenuto a distanza di sicurezza e Bernardeschi ha agito da centrocampista, lasciando il ruolo di incursore a McKennie. Risultato: raramente la Juve ha messo più uomini nell’area piccola riducendo la quota pericoli. Se davanti avesse uno come Osimhen o Leao o Abraham (non esco dal nostro campionato) Allegri potrebbe fare ragionamenti molto più ambiziosi.

L’ Atalanta ha mostrato a lungo la personalità che gli impegni in Champions sono riusciti a istillarle, in particolare nei numerosi momenti di difficoltà tra la fine del primo tempo e quasi tutto il secondo: soltanto due anni fa col City di Guardiola, sempre a Manchester, la squadra di Gasperini aveva sofferto tanto. Determinante fino a quando i muscoli l’hanno sorretto Demiral: gravissima la sua uscita per una difesa che contava più assenze che presenze.

La prestazione di un altro difensore in campo ieri sera merita una breve sottolineatura, mi riferisco a Mattia De Sciglio che sembra finalmente uscito dalle stagioni dei tormenti e dell’involuzione: ci sono giocatori che hanno bisogno di sbagliare anche due o tre partite di fila, specie nei troppi giorni del recupero dall’infortunio, e De Sciglio è uno di questi. Sorprendente ed esaltato all’inizio, nove anni fa, ma eccessivamente frenato da menischi e muscoli saltellanti, a ventinove anni sta sfruttando a dovere l’occasione fornitagli da Allegri che in lui ha sempre creduto. Se proseguirà così, Mancini ritroverà un’alternativa importante tanto a destra quanto a sinistra.

Alla rete di Kulusevski ho dato un’occhiata allo smartphone per vedere se avessi ricevuto un altro sms immaginario di Paratici, tipo questo: «Gol anche di Kulusevski. Segnano in Champions, non dimenticare che li ho presi dopo 7, 8 partite di serie A». Niente: non c’era.

Fifa e Uefa, cambiare o il banco salta

Gianni Infantino è passato dal progetto di un Mondiale biennale allo stagionale, ma di genere: un anno i maschi, l’anno dopo le femmine e così via moltiplicando eventi e grandi (ri)elettori. Ha ipotizzato anche l’estensione a più Paesi organizzatori per ogni edizione: suffragium non olet. Una voce di dentro molto autorevole ci ha tuttavia rivelato che in realtà il presidente della Fifa è a un passo dalla marcia indietro. Una lunga discussione (e la perdita dei voti asiatici) hanno portato a una scelta condivisa con l’Uefa: si proseguirà con i tornei quadriennali. Il 20 dicembre è prevista l’ufficialità nel corso di quello che è stato ribattezzato World Summit, già congresso Fifa. 

Invece di continuare a spremersi le meningi per stressare ulteriormente il calcio, le istituzioni dovrebbero cominciare a puntare sulla qualità dello spettacolo offerto agli appassionati, sulla tutela della salute dei giocatori e sul rispetto dei campionati nazionali e quindi dei club che i giocatori li pagano e sempre più spesso perdono - causa infortuni - per settimane o mesi. Le assicurazioni non fanno gol, né punti in classifica. 

Se Infantino e Ceferin non si metteranno di buzzo buono per tornare al ruolo di regolatori e controllori, il banco salterà e loro insieme al banco. 

PS. Infantino sta per trasferirsi a Doha: tra un anno sarà Mondiale e l’occhio del padrone deve ingrassare il cavallo. Da vicino.


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